da Il Populista 23 aprile 2019
L’ex presidente della Repubblica Zuma, dopo 10 anni di potere, si è dimesso l’anno scorso continuando ancora oggi ad essere protagonista di processi per corruzione e riciclaggio. Nonostante tutto, secondo gli ultimi sondaggi, il partito fondato dal “Madiba” e dal 1994 vincitore di tutte le elezioni generali che si sono svolte nel Paese, è destinato a mantenere una maggioranza risicata nel parlamento di Città del Capo. Il sistema però, ormai, scricchiola…
di Giuseppe Brienza
Nel febbraio del 2018 il presidente sudafricano Jacob Zuma, 75 anni, si è dimesso a causa di una serie di processi intentati contro di lui in materia di corruzione e riciclaggio di denaro. Doveva rispondere oltretutto della clamorosa inchiesta di “sequestro dello Stato“, vale a dire dell’incredibile accusa di essere stato comprato da cordate e da imprenditori privati cedendo in cambio l’amministrazione del Sudafrica.
A quel tempo il governo stesso del partito fondato e diretto a lungo da Nelson Mandela, l’African National Congress (ANC), al potere ininterrottamente in Sudafrica dal 1994, ha chiesto a Zuma di dimettersi, con tutta probabilità nella convinzione della fondatezza di almeno una parte delle gravi imputazioni.
E non a caso, perché da ultimo il 6 aprile scorso l’ex presidente, in carica dal 2009 al 2018, è stato convocato dal tribunale di Durban, nel nordest del Paese, per rispondere di ulteriori accuse di corruzione in un rocambolesco caso di vendita di armi che risale a circa venti anni fa. Il filone giudiziario più recente vede anche l’Italia in qualche modo implicata.
Infatti, l’ex direttore finanziario dell’African Global Operations (Bosasa), società specializzata nel fornire servizi allo Stato sudafricano, Angelo Agrizzi, sta deponendo alla magistratura testimonianze pesanti a proposito di un sistema di scambi mazzette contro appalti pubblici, destinato secondo alcuni osservatori a “dare il colpo di grazia alla credibilità dell’African National Congress” (Lorenzo Simoncelli, C’è Tangentopoli nel partito di Mandela. E la svela un italiano, “Il Venerdì di Repubblica”, 12 aprile 2019, p. 24).
Le prossime elezioni legislative, in programma tra due settimane (le urne sono state convocate l’8 maggio), si preannunciano quindi decisive per l’ANC che, alle ultime elezioni politiche del 2014, ha ottenuto la percentuale bulgara del 62 per cento. In un Paese, si badi, nel quale il 50 per cento dei giovani non riesce a trovare lavoro.
Oltretutto il Sud Africa si trova di fronte a una pandemia di eroina che sta minacciando, oltre alla salute dei suoi giovani, il futuro della società e l’economia stessa. Negli ultimi anni, infatti, i quintali di droga in arrivo provenienti soprattutto dall’Afghanistan hanno accesso libero e, drammaticamente, “il consumo di eroina è salito alle stelle a causa dell’elevata disoccupazione, dello scarso controllo esercitato dal Governo alle frontiere e della povertà dilagante nelle comunità rurali e suburbane” (Un’economia drogata. Boom dell’eroina in Sud Africa, in Quoted business. Pillole di economia internazionale, 15 aprile 2019).
Nonostante tutto, secondo gli ultimi sondaggi il partito fondato dal “Madiba” e dal 1994 vincitore di tutte le elezioni generali che si sono svolte nel Paese sudafricano sembra destinato col suo regime clientelare e di potere a mantenere una maggioranza risicata nel parlamento nazionale. Il sistema post-Mandela, però, ormai scricchiola…