Abstract: sulle reali dinamiche che regolano il clima gli scienziati sanno ancora poco e non sappiamo quali effetti avrà il riscaldamento tuttavia non si risparmiano le previsioni catastrofiche che avrà sull’ambiente. Anche per queste incertezze il protocollo di Kyoto non decolla. Intanto l‘allarmismo degli ecologisti sul clima è un ostacolo alla soluzione del problema dell’affondamento di Venezia
http://www.ragionpolitica.it/ 27 dicembre 2003
Il protocollo di Kyoto alla frutta?
“Non sappiamo quali saranno tutti i possibili effetti del riscaldamento”, ha detto Diarmid Campbell-Lendrum, uno scienziato dell’OMS. Questo non impedisce agli scienziati di fare previsioni apocalittiche sul futuro impatto del cambiamento climatico
di Dominic Standish
Dicembre ha portato con sé un aumento dell’alta pressione nella zona di Milano. Fra il 1° e il 12 dicembre, oltre 4.000 delegati sono stati alla nona Conferenza delle Parti (COP 9) dello United Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC). La nube che aleggiava sulla conferenza era il Protocollo di Kyoto, sottoscritto nel 1997 da 172 Paesi per ridurre i gas serra nell’atmosfera.
Durante la conferenza, una fantasiosa gamma di problemi è stata messa sotto accusa per il riscaldamento globale. La BBC News trasmesso un filmato su come esso abbia colpito i produttori italiani di vino (1). “La mancanza di neve lo scorso inverno, la quasi totale assenza di piogge in primavera o in estate e temperature roventi per lunghi periodi hanno avuto un maggiore impatto sui raccolti di uva. C’è stata una riduzione del 20 per cento nel ricavato”, riportava un passaggio su una vigna di Barolo.
Seguendo un rapporto dell’ UN Environment Programme (UNEP) del 2 dicembre, sono cresciute le paure riguardo ai ghiacciai che fondono e alle piogge diminuite nelle stazione sciistiche alpine a bassa quota (2). Molte località, specialmente tra quelle , tradizionalmente a basa quota, dell’Europa, saranno impossibilitate a lavorare a causa della mancanza di neve o dovranno affrontare costi aggiuntivi, compresa la neve artificiale, che renderanno le località succitate antieconomiche, affermava il rapporto.
Al COP 9, Damiano Di Simine, presidente della Commissione Internazionale per la Protezione elle Alpi, ha sottolineato lo specifico impatto del riscaldamento sulle Alpi. “Le Alpi sono in un’area del mondo in cui il cambiamento climatico è più accentuato”, ha detto. La crescita generale del livello della temperatura è di circa 0,6-0,7 gradi, sulle Alpi è nell’ordine di + 1,5, con effetti misurabili sul ritiro dei ghiacciai.
In una presentazione dell’11 dicembre, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha sostenuto che 150.000 morti all’anno sono legate al cambiamento climatico. L’OMS ha stimato che questa cifra potrebbe raddoppiare entro il 2030, sebbene vi siano significativi dubbi riguardo alle tendenze future del riscaldamento. “Non sappiamo quali saranno tutti i possibili effetti del riscaldamento”, ha detto Diarmid Campbell-Lendrum, uno scienziato dell’OMS. Questo non impedisce agli scienziati di fare previsioni apocalittiche sul futuro impatto del cambiamento climatico, con “vincitori e vinti”. Campbell-Lendrum ha previsto che i Paesi sottosviluppati pagheranno i costi maggiori per il riscaldamento.
Una rappresentante del popolo Inuit del Canada e dell’Alaska, Sheila Watt-Cloutier, ha dichiarato che essi sono già vittime del riscaldamento globale. Ha annunciato al COP 9 che è stata intentata una causa sui diritti umani contro il governo statunitense. La Watt-Cloutier ha affermato che gli oceani sono troppo caldi a causa del cambiamento climatico, provocando il collasso delle strade, degli aeroporti e dei porti. Per di più, vi è stata un’erosione delle fondamenta delle case vicino alle coste, e le persone si sono spostate verso zone più sicure. Gli Inuit sono appoggiati dalla Commissione per i Diritti Umani di Washington nel fare pressione sull’amministrazione di George Bush (3).
Non vi è dubbio sul fatto che gli Inuit abbiano avuto problemi riguardo al cambiamento climatico. Ma nel focalizzare le loro energie sull’accusare e denunciare il governo americano, le posizioni politiche potrebbero sostituirsi al dibattito razionale che potrebbe aiutare a ricostituire la protezione di cui gli Inuit hanno bisogno.
L‘allarmismo degli ecologisti sul clima è un ostacolo alla soluzione del problema dell’affondamento di Venezia
Le accuse agli Stati Uniti sono state un tema forte della conferenza. L’attuale amministrazione americana è ampiamente ritenuta responsabile dell’incertezza riguardo alla ratifica del Protocollo di Kyoto, che sarà approvato soltanto quando 55 firmatari lo avranno sottoscritto. Fra questi Stati devono essere inclusi i Paesi industrializzati che hanno prodotto il 55% delle emissioni di anidride carbonica (CO2) del mondo sviluppato nel 1990. Il presidente Bush ha respinto l’accordo di Kyoto nel 2001, come la Russia. Poi, nel 2003, la Russia, la cui ratifica consentirebbe al Protocollo di essere messo in atto, ha cominciato a tentennare nella sua decisione.
Durante il COP 9, ci sono state affermazioni contraddittorie da parte del governo russo sul fatto che avrebbero ratificato o no il Protocollo, che hanno causato infuocati dibattiti. Militanti del WWF hanno inscenato una manifestazione nel corridoio principale della conferenza del COP 9 invocando una sollecita ratifica da parte della Russia. Il delegato del ministero dell’economia russo, Mukhamed Tsikhanov, ha segnalato che la ratifica potrebbe essere sottoposta alla Duma (la Camera Bassa del Parlamento) il prossimo anno.
Perché questi governi sono riluttanti ad appoggiare il Protocollo di Kyoto? La domanda è stata posta in un’altra conferenza tenuta a Milano, “Dall’effetto serra al dirigismo ecologico”, il 29 novembre (4). I sostenitori del Protocollo vogliono limitare svariate attività umane, poiché ritengono che questo ridurrà il riscaldamento futuro, il che è il motivo per cui ai Paesi che sottoscrivono il Protocollo di Kyoto sarà richiesto di diminuire le attività che generano i gas serra, specialmente la produzione di energia, e trasporti e l’agricoltura.
Molti economisti hanno illustrato come tutto questo avrebbe un impatto negativo sulla crescita economica. Margo Thorning dell’International Council for Capital Formation (Belgio) ha presentato dei modelli economici che mostrano come il prodotto interno lordo sarebbe gravemente intaccato se venisse messo in atto il Protocollo di Kyoto. Fder Smith del Competitive Enterprise Institute (USA) si è domandato quali siano i benefici ambientali della riduzione dei gas serra. Il Protocollo è “una dieta di soli sacrifici e senza benefici”, secondo Smith.
Mentre vi è un generale consenso sul fatto che abbiamo sperimentato una crescita limitata della temperatura globale negli scorsi 150 anni, vi sono divergenze d’opinione sulle ragioni del riscaldamento. S. Fred Singer dell’Università della Virginia ha giustamente sottolineato, il 29 novembre, che il ciclo solare è stato ignorato in quanto causa del riscaldamento da coloro che promuovono il Protocollo di Kyoto. Comunque, gli avversari del Protocollo talvolta mettono in risalto fattori naturali di questo tipo, nel tentativo di respingere il concetto per cui i gas serra prodotti dall’uomo sono da mettere sotto accusa.
Durante la mia relazione alla conferenza del 29 novembre, ho posto l’enfasi sul fatto che il fattore chiave riguardo l’impatto del cambiamento climatico sulla società è lo sviluppo. Come esempio di risposta sociale, ho preso in esame le barriere mobili che si stanno costruendo per proteggere Venezia dalle maree e dalla crescita del livello del mare. I lavori di costruzione delle barriere sono iniziati alla fine del 2003 e la data prevista per il loro completamento è il 2011. Indipendentemente dal fatto che il cambiamento climatico sia dovuto ai gas serra o a fattori naturali, saranno simili iniziative delle società a determinare il modo in cui lo vivremo.
Eppure gli ambientalisti, al COP 9, hanno usato l’esempio di Venezia per cercare di fare pressioni sul sottosegretario americano agli affari globali, Paula Dobriansky, perché ratificasse il Protocollo di Kyoto. “Il destino di Venezia è legato a quello del mondo”, ha detto Paolo Cacciari, consigliere comunale di Venezia, dopo che una lettera sottoscritta da 73 città costiere di tutto il mondo è stata sottoposta alla delegazione statunitense. “Se Kyoto non è ratificato, saremo sommersi”, ha aggiunto.
“Il Protocollo di Kyoto è l’unica soluzione possibile”, ha detto il ministro dell’ambiente tedesco.
Affermazioni del genere implicano che l’unico problema per le città costiere come Venezia è la crescita de livello del mare dovuta al cambiamento climatico. Ma le più attendibili rilevazioni a lungo termine suggeriscono che la crescita del livello del mare è stata meno importante del cedimento o dell’abbassamento del livello del terreno. Fra il 1897 e il 1983, il livello relativo del mare (RSL) a Venezia è cresciuto di 23 cm, secondo le misurazioni del Consiglio Nazionale delle Ricerche italiano. Dodici dei 23 cm dell’RSL sono dovuti al cedimento, e 11 cm sono causati dalla crescita del livello del mare.
Venezia è attualmente inondata 43 volte all’anno, contro sette all’inizio del ventesimo secolo. Il cambiamento climatico potrebbe implicare che l’RSL crescerebbe di più nel prossimo futuro, ma potrebbe anche significare che esso scenda. Siamo semplicemente incapaci di prevedere con accuratezza tendenze a lungo termine. Le barriere mobili più varie costruzioni difensive interne non preverranno indefinitamente tutte le inondazioni. Ma forniranno la miglior soluzione per il prossimo futuro. L’allarmismo degli ecologisti sul clima è un ostacolo alla soluzione di problemi come l’affondamento di Venezia, come ho esaminato in contributi a due nuove pubblicazioni (5).
Agli Stati Uniti è stato assegnato il ruolo di pecora nera del villaggio globale perché emettono gas serra e rifiutano il Protocollo di Kyoto. Ma molti Paesi dell’Unione Europea stanno fallendo nel fare fronte agli impegni assunti con l’accordo. Secondo un rapporto dell’Unione Europea arrivato in coincidenza con il COP 9, le attuali misure nel gruppo di 15 Paesi sortirebbero come unico risultato soltanto una riduzione dello 0,5% nelle emissioni di gas serra entro il 2010 rispetto ai livelli del 1990. L’Unione Europea si è impegnata a ridurre queste emissioni dell’8%, secondo il Protocollo di Kyoto, fra il 2008 e il 2012. Gran Bretagna e Svezia sono le uniche nazioni dell’Unione Europea che hanno la possibilità di raggiungere questo risultato.
Tenendo presenti queste tendenze, e con la ratifica del Protocollo incerta, molti oppositori dell’accordo erano trionfanti al COP 9. Ma se il Protocollo fallisse per queste ragioni, sarebbe una falsa vittoria. L’argomento che deve prevalere è che le società determinano l’impatto del cambiamento climatico, e le economie possono crescere simultaneamente senza porre limiti allo sviluppo. Invece, gli oppositori del Protocollo si sono sempre affidati a fattori passivi per affrontarlo – che è il sole a causare il riscaldamento (non i gas serra generati dall’uomo) sullo scarso progresso dell’Unione Europea con i tagli alle emissioni, o sui Paesi che non hanno firmato.
Questo significa che il sottinteso del Protocollo di Kyoto, che dovremmo limitare lo sviluppo per ridurre l’inquinamento, non è stato affrontato. Invece, i Paesi dell’Unione Europea hanno concluso il COP 9 affermando che avrebbero messo in atto il Protocollo anche se non ratificato. “Il Protocollo di Kyoto è l’unica soluzione possibile”, ha detto il ministro tedesco dell’ambiente, Juergin Trittin, l’ultimo giorno della conferenza. E mentre gli Stati Uniti si rifiutano di agire a livello federale, singoli Stati, come la California, hanno già imposto il loro regime di limitazioni alle emissioni legate ai trasporti.
“Non si è mai pensato che il Protocollo di Kyoto risolva i problemi del cambiamento climatico nel primo periodo, i cinque anni tra il 2008 e il 2012”, ha affermato il Segretariato al Cambiamento Climatico dell’UNFCC. “Si tratta soltanto del primo passo. Inizieranno presto trattative su ciò che dovrebbe essere fatto in seguito”. Così sono stati gli oppositori del Protocollo di Kyoto ad essere sconfitti a Milano, perché la domanda di riduzione dello sviluppo in nome del cambiamento climatico non è stata sfidata.
(Traduzione di Giorgio Bianco. L’articolo è stato pubblicato per la prima volta su Spiked Online).
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Dominic Standish sta scrivendo una tesi di dottorato su Venezia e i rischi ambientali. Scrive anche per molte organizzazioni mediatiche, compresa la principale agenzia stampa italiana, l’Ansa. Ha contribuito al nuovo libro Adapt or Die. The Science, Politics and Economics of Climate Change, a cura di Kendra Okonski, Profile Books, pubblicato nel dicembre 2003. (dstandish@europe.com)
(1) Global warming hits winemakers, Kate Poland, BBC News Online, 5 dicembre 2003
(2) ‘Il cambiamento climatico potrebbe danneggiare le stazioni sciistiche italiane’, Dominic Standish, Ansa, 4 dicembre 2003
(3) Global warming is killing us too, say Inuit, Paul Brown, Guardian, 11 dicembre 2003
(4) Kyoto and our adaptive capacity, Dominic Standish, Tech Central Station, 4 dicembre 2003
(5) Si veda Adapt or Die. The science, politics and economics of climate change a cura di Kendra Okonski, Profile Books, December 2003; e Dall’effetto serra alla pianificazione economica a cura di Kendra Okonski e Carlo Stagnaro, Rubbettino-Leonardo Facco, dicembre 2003
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