La Croce quotidiano 12 settembre 2017
Continua la rassegna dei luoghi musicali che la musica italiana leggera contemporanea dedica ai legami famigliari
di Giuseppe Brienza e Piero Chiappano
Proseguiamo sul tema, vastissimo, della tematica “family friendly” nella canzone italiana contemporanea. Proponiamo in questo secondo articolo alcuni autori, cantanti e brani valutati, umilmente da noi due che siamo un musicista-cantautore e un giornalista appassionato di musica, validi in quanto rappresentativi di un anelito di “autenticità” nel raccontare il rapporto genitori-figli e, in generale, la maternità e la paternità cercata, vissuta e amata oggi.
Partiamo dagli anni Ottanta, con una splendida canzone, “Avrai” (1982) di Claudio Baglioni, forse il brano italiano meglio riuscito del genere. Dedicata al figlio Giovanni, presenta una raccolta di immagini che sono lo specchio di un’epoca. Dice fra l’altro, in piena “guerra fredda”: «Avrai carezze per parlare con i cani/ E sarà sempre di domenica domani/ Avrai discorsi chiusi dentro e mani che frugano le tasche della vita/ Ed una radio per sentire che la guerra è finita».
Si tratta insomma di un brano capolavoro che, tra gli altri meriti, ha anche quello d’iniziare con un augurio di felicità (cosa rara nei testi di oggi): «Avrai sorrisi sul tuo viso come ad agosto grilli e stelle». Anche in “Grand’uomo” (2003) quello che personalmente consideriamo il più grande cantautore di musica popolare italiana narra del rapporto padre/figlio, con un testo che fa venire i brividi ogni volta che se ne ascolta il testo.
Dei molti artisti contemporanei che hanno scritto canzoni per figli appena nati, che stavano per nascere oppure immedesimandosi nella situazione di neo-genitori, altra menzione speciale è per Eugenio Finardi che, pur non definendosi cristiano, ha sviluppato una forte sensibilità spirituale proprio a seguito della vicenda di una figlia che gli è nata down e che lui ama teneramente. Due sarebbero comunque le canzoni da segnalare in questa rubrica, “Amore diverso” (1983), appunto, scritta per la figlia Elettra, affetta da sindrome di down e, pochi anni dopo, “Mio cucciolo d’uomo” (1991).
Quest’ultimo brano, fra i bei versi affettuosi dedicati da Finardi al figlio appena nato, ne contiene ad esempio uno che recita così: «Mio cucciolo d’uomo, così simile a me / di quello che sono, e vorrei dare a te». Sul primo dei due brani, invece, non vi è chi non veda come la definizione stessa di “amore diverso” oggi sarebbe tremendamente equivocata (sic).
Del cantautore milanese evidenzia invece una personalità e una ricerca musicale e interiore davvero interessanti, tanto da farcelo ormai definire una specie di “saggio del rock”. Dalle barricate politiche giovanili alle riflessioni intimiste della maturità, Finardi è infatti da tempo (ha da poco compiuto 65 anni) un artista coerente che si è condannato da solo a stare ai margini delle classifiche e del jet set, salvando però la sua dignità molto più di tanti suoi colleghi ondivaghi e opportunisti.
Non può mancare in questa nostra rassegna dedicata con attenzione speciale ai padri (non a caso è curata da due papà) l’indimenticabile “Fiore di maggio”, di Fabio Concato. È una canzone delicata e dolce che il cantautore ha scritto nel 1984 per la nascita della figlia. Inizia così: «Tu che sei nata dove c’è sempre il sole/ sopra uno scoglio che ci si può tuffare/ e quel sole ce l’hai dentro il cuore sole di primavera».
Ora richiamiamo un artista la cui produzione non è tutta da liquidare nella categoria, spesso fraintesa, del “nazional-popolare”. Parliamo di Toto Cutugno che, col brano “Figli” (1987), pur con l’introduzione strumentale presa di peso da “Un’emozione da poco” di Anna Oxa, ha nel testo una frase piena di saggezza riguardante il rapporto genitore/figlio: «l’aiuterai nel suo confuso cammino ma non potrai cambiare il suo destino».
Anche se in uno dei peggiori Festival di Sanremo degli ultimi anni, quello del 2016 che ha “accompagnato” e promosso l’approvazione della “legge della vergogna” (n. 76/2016) sulle unioni civili omosessuali, Eros Ramazzotti ha commesso un paio di “leggerezze” difficili da dimenticare, merita comunque un posto nella nostra rubrica. Fra l’altro perché ha dedicato alle due figlie rispettivamente “L’aurora” (1996) per la primogenita e “Rosa nata ieri” (2015) per la secondogenita.
Anche Vasco Rossi ha fatto tanto male alle ultime generazioni con il suo “stile di vita” e con i suoi testi ma, con il grande compositore e chitarrista Tullio Ferro (Lucio Dalla, Andrea Bocelli e tanti altri), ha scritto una canzone come “Benvenuto” (1996), che si discosta parecchio dalla consueta prevedibilità testuale e musicale dei suoi prodotti. Fra l’altro, dice nel testo: «non par vero nemmeno a me di essere un padre di un figlio che domani sarà un altro che dovrà arrangiarsi bene, darsi da fare, avere pene e qualche piccola soddisfazione oh yeeeeeah».
Francesco Renga con “Angelo”, ci ha regalato un bellissimo brano dedicato alla figlia Jolanda, vincitore del festival di Sanremo 2005. È uno dei brani più famosi della sua carriera, incluso nell’album “Camere con vista”, che ha dediche poetiche e profonde come questa: «Il tempo passa in fretta/E tutto se ne va…/preda degli eventi e dell’età/Ma questa paura per te non passa mai/Angelo, prenditi cura di lei/Lei non sa vedere al di là di quello che dà/E l’ingenuità è parte di lei…».
E veniamo quindi a Laura Pausini che, come ricorderemo, ha iniziato la sua carriera musicale con testi non asserviti allo sbraco generalizzato dei cantanti italiani d’inizio XXI secolo, professandosi persino “cattolica” in varie interviste e circostanze pubbliche. Poi, si sa come vanno le cose, il conformismo e “mammona” l’ha spuntata e, nel 2016, anche lei al Festival di Sanremo ha sfoggiato l’immancabile nastrino arcobaleno. Come se non bastasse, poi, la Laura nazionale ha vinto nel 2016 il “Diversity Media Award”, premio che quest’anno è andato a quel campione di finezza di J-AX. Con la canzone “Celeste” (2012), però, scritta con Dati e Orlandi, la cantante di Faenza ha proposto una canzone molto bella e dalle parole significative sulla maternità futura come queste: «Ti aspetterò e prima o poi arriverai senza nemmeno far rumore».
“A modo tuo” è una canzone interpretata prima da Elisa e poi dallo stesso Ligabue nell’album “Giro del mondo” (2015). Parla di un genitore che si immagina le difficoltà che incontrerà nell’accompagnare la figlia nella sua crescita. Canzone bella con perle poetiche nel testo tipo: «sarà difficile lasciarti al mondo e tenere un pezzetto per me e nel bel mezzo del tuo girotondo non poterti proteggere».
Da scoprire e ascoltare con calma “Facciamo finta” (2016) di Niccolò Fabi, canzone scritta in ricordo della piccola Olivia scomparsa a due anni per meningite fulminante. Il testo, crepuscolare e originale, è una lezione di equilibrio e sensibilità: «facciamo finta che io torno a casa la sera e tu ci sei ancora sul nostro divano blu. Facciamo finta che poi ci abbracciamo e non ci lasciamo… mai più!».
La finiamo qui, avendo elencato 10 brani. Ma ce ne sarebbero tanti altri e, chissà, magari ci torneremo su…