Svolta dell’università Cattolica: adesso è politicamente corretta

Univ_cattolicail Giornale, 27 giugno 2012

Nel vademecum del “Sacro Cuore” articoli in contrasto col magistero, riferimenti ai trattati europei ma nessuno alla fede e al Papa. E il relativismo? Benedetto…

di Riccardo Cascioli

Sei favorevole all’uscita dell’Italia dall’Euro? Bene, dal prossimo anno accademico non potrai più iscriverti all’Università Cattolica del Sacro Cuore né insegnarvi. Così almeno si deduce dal nuovo Codice Etico per studenti e docenti che è stato varato nei mesi scorsi e che tutti gli studenti che vorranno frequentare l’Università dovranno obbligatoriamente sottoscrivere.

Il rispetto dei princìpi ispiratori del Trattato di Lisbona e della Costituzione italiana è infatti tra i requisiti fondamentali richiesti a chiunque voglia far parte della prestigiosa università fondata da padre Agostino Gemelli, e uno dei princìpi alla base del Trattato europeo è appunto la moneta unica.

Nelle trenta pagine del Codice Etico, invece, neanche un riferimento si trova a Chiesa cattolica, Papa, Magistero. Niente, solo un generico cenno – nel preambolo – all’ispirazione «ai princìpi del cristianesimo». Non solo, i primi articoli del Codice sono una summa del politicamente corretto, in alcuni punti in evidente contrasto con l’insegnamento della Chiesa, tanto da chiedersi per quale motivo una famiglia dovrebbe scegliere l’Università cattolica anziché un altro ateneo.

È una domanda che va ben oltre il Codice Etico, perché se si va sul sito della Cattolica destinato all’orientamento degli studenti delle scuole superiori, alla pagina dedicata al «perché scegliere l’Università cattolica», tra i motivi troviamo: la qualità dell’insegnamento, la possibilità di trovare lavoro dopo la laurea, la dimensione internazionale, la possibilità di avere dei tutor, le agevolazioni economiche per le persone in difficoltà.

E l’identità cattolica dell’ateneo? La fedeltà all’insegnamento della Chiesa, la riflessione cattolica sui vari saperi umani? Assolutamente nulla, non fa parte dei tratti caratteristici dell’Università. Tanto vale allora non chiamarla più cattolica, ma neanche del Sacro Cuore, un nome che dato il nuovo indirizzo diventa imbarazzante (soprattutto per il Sacro Cuore).

E pensare che Giovanni Paolo II era così attento al problema che nel 1990 aveva pubblicato una Costituzione apostolica dedicata esclusivamente alle università cattoliche, la Ex Corde Ecclesiae, in cui definiva con chiarezza la specificità di questi atenei: la chiara identità cattolica, che deve essere apertamente dichiarata, e che deve emergere sia dalla «fedeltà al messaggio cristiano così come è presentato dalla Chiesa» sia attraverso un approccio alle diverse discipline a partire dalla fede cattolica.

Invece nel Codice Etico troviamo un inno al relativismo e alla cultura dominante, inclusa l’introduzione dell’ideologia di genere.

La cosa non è passata inosservata e da alcuni siti web cattolici è partito il contrattacco. Così, ad esempio, il sito Culturacattolica.it ha messo a punto una petizione per chiedere modifiche. E un risultato è stato ottenuto: l’Università Cattolica valuterà fino al prossimo 31 dicembre eventuali «proposte migliorative» del Codice Etico. Tra i capitoli maggiormente contestati c’è ovviamente l’aver posto come punto di riferimento ideale il Trattato di Lisbona che, come si ricorderà, non ha accolto il riconoscimento delle radici cristiane dell’Europa come i vescovi e la Santa Sede avevano invece chiesto a gran voce durante il lungo negoziato.

Ma questo è ancora niente, perché all’articolo 1 del Codice Etico si assume il principio di non discriminazione, nel quale si fa rientrare il genere e l’orientamento sessuale, che notoriamente è un modo per tacciare di omofobia chiunque metta in discussione la cultura gay. È un chiaro cedimento all’ideologia dominante, in palese contrasto con l’insegnamento della Chiesa, che stabilisce una chiara differenza tra il rispetto (sempre dovuto) della persona omosessuale, che ha ovviamente tutti gli stessi diritti di qualunque altra persona, e l’applicazione della «non discriminazione» all’orientamento sessuale.

Come sostiene un documento della Congregazione per la Dottrina della Fede, «includere la «tendenza omosessuale» fra le considerazioni sulla base delle quali è illegale discriminare può facilmente portare a ritenere l’omosessualità quale fonte positiva di diritti umani», vale a dire si traduce facilmente nella promozione dell’omosessualità.

O al contrario, nell’impossibilità di poter affermare pubblicamente che quello omosessuale è un comportamento «oggettivamente disordinato» come il Catechismo della Chiesa cattolica sostiene. È un punto molto delicato, visto anche quello che sta accadendo in paesi nord-europei come la Danimarca e il Regno Unito, dove le Chiese protestanti saranno obbligate a celebrare matrimoni omosessuali proprio in base a questo principio.

E anche negli Stati Uniti è in atto un durissimo braccio di ferro tra i vescovi cattolici e l’amministrazione Obama proprio su questo punto, perché l’equiparazione delle unioni omosessuali alla famiglia naturale – dicono i vescovi – viola il principio della libertà religiosa sancito dal Primo emendamento della Costituzione americana.

Ma nell’ambiente ovattato dell’Università Cattolica, evidentemente, le notizie dal mondo e dalla Chiesa non arrivano.