Il Corriere del Sud venerdì 20 settembre 2015
di Andrea Bartelloni
L’editore Lindau nel 2010 ha riproposto una scelta degli editoriali che il prof. Giuseppe Sermonti aveva scritto per la Rivista di Biologia-Biology Forum da lui diretta dal 1979 al 2009. Editoriali attraverso i quali è possibile ripercorrere la storia della biologia in un periodo particolarmente importante e ricco di novità.
Ma la preziosa pubblicazione è arricchita da un’introduzione, scritta per l’occasione, che è un’autobiografia del professore romano e che assume una particolare importanza ora che sta per compiere 90 anni. Il suo compleanno cadrà infatti il 4 ottobre e rivivere la sua storia è ripercorre le tappe della vita di un grande scienziato e di un grande perseguitato dall’establishment della scienza italiana. Fosse vissuto in Unione Sovietica sarebbe finito, probabilmente, come Nicolai Vavilov, il grande biogeografo di scuola mendeliana, imprigionato e morto nel Gulag (1943) per le sue idee sulla genetica.
Sermonti, che si laurea a Pisa in Agraria e poi in Biologia prende una strada completamente diversa inventando la Genetica dei Miscorganismi Industriali. A trent’anni vince una borsa di studio che lo porta all’Università di Yale, ma l’esperienza americana non risulta positiva anche se, qualche anno dopo, a 35 anni, vince la cattedra di Genetica a Palermo. Comincia, in questo periodo, a maturare la sua critica alla Scienza come ideologia che descrive ampiamente ne Il crepuscolo dello scientismo (Rusconi, 1971) e iniziano i primi attacchi e i processi in stile maoista.
La Sapienza di Roma ne è protagonista “processando” il volume senza l’autore e senza repliche, da quel momento tutte le porte cominciano a chiudersi. Gli editori gli voltano le spalle a cominciare da Zanichelli col quale aveva pubblicato nel 1972 un libro per ragazzi (Vita Coniugale dei Batteri), anche Mondadori, dopo aver pubblicato una raccolta di fiabe legate alla scienza (Il Ragno, il Filo e la Vespa) lo ritira rapidamente dalla circolazione. Solo Rusconi rimane fedele allo scienziato romano.
Ma torniamo al Sermonti genetista. Nel 1968 e fino al 1986 presiede un gruppo internazionale: Genetics of Industrial Microorganism che tiene congressi in molte parti d’Europa. Gli viene proposta la direzione del neonato reparto di Genetica all’Istituto Superiore di Sanità di Roma, ma arriva subito un veto che lo riporta alla sua Università di Palermo e poi di Perugia (1974).
Nello stupore generale viene nominato vice-presidente del XIV Congresso Internazionale di Genetica che si svolge a Mosca (1980) e che sancisce il ritorno dell’Urss nella genetica occidentale dopo l’ubriacatura lysenkoiana. Lo stupore è generale e il boicottaggio nazionale consueto: la Rai commenta dicendo che nessun italiano è stato invitato! Un fantasma per la scienza italiana, un appestato che ovviamente la Sapienza di Roma rifiuterà di accogliere nonostante avesse più titoli del collega che prende il suo posto.
Il 1980 è l’anno di Dopo Darwin (con Roberto Fondi che scrive la parte paleontologica) sempre per l’ospitale Rusconi, quasi un best seller con le sue cinque edizioni in due anni col quale si distacca dal darwinismo fazioso e da quei darwinisti che W. H. Thompson descrive così: « Si riuniscono a difesa di una dottrina che non sono capaci di definire scientificamente e ancor meno di dimostrare, tentando di mantenere il suo credito col pubblico attraverso la soppressione della critica e l’eliminazione delle difficoltà».
«La rappresentazione dell’origine dell’uomo – dice Sermonti – con un piccolo corteo iniziato da un peloso e chino scimpanzé e coronato da un umano eretto e roseo tiene ancora campo, benché smentita da decenni di osservazioni e misure». Considerazioni ancora molto attuali.
Il suo itinerario all’interno del mondo della fiaba, iniziato con le fiabe legate alla scienza, lo porta anche a fare un ragionamento inverso: «scovare leggi naturali nel fondo delle fiabe: leggi astronomiche, chimiche o botaniche» scrivendo tre volumi (Rusconi editore), sulla luna, l’alchimia e i fiori. Quello sull’ Alchimia della fiaba, che gli è particolarmente caro, è stato ripubblicato da Lindau (2009).
Sermonti rende anche omaggio alla vita di alcuni scienziati come lui ostracizzati, dimenticati o fraintesi dagli ambienti accademici ufficiali. Nascono così alcune “commedie da tavolo”, brevi operette (Di Rienzo editore) con le quali descrive i drammi di Gregor Mendel con la riscoperta postuma e il tentativo di Hugo De Vries di appropriarsi delle sue scoperte, William Harvey e la disputa sulla circolazione sanguigna, Ignazio Filippo Semmelweis incompreso scopritore delle cause delle infezioni puerperali che si darà la morte per dimostrare la ragione delle sue teorie, Paul Kammerer, suicida a causa della sconfessione delle sue teorie sull’eredità dei caratteri acquisiti, J. Robert Oppenheimer, protagonista del Progetto Manhattan col quale la fisica si rende conto che può distruggere il mondo, Pavel Florenskij, Pope, filosofo e matematico internato nelle isole Solovski dove muore fucilato, e infine Charles Darwin distorto, emendato, usato dai neo-darwinisti tanto che lo stesso naturalista inglese non si riconosce più.
Drammi veri e propri che insegnano che le grandi scoperte «nascono spesso tra errori, contese, sconfessioni, che talvolta provocano la prematura scomparsa del protagonista, prima che la sua idea si sia affermata».
Nel 1999 accetta l’invito di Rusconi a tornare a scrivere su Darwin e lo fa in stile propositivo piuttosto che critico con Dimenticare Darwin, che presenta a Roma alla Sapienza tra contestazioni dei “collettivi” annunciate ma che comunque non impediscono la presentazione.
Sermonti non cessa di chiedersi cosa abbia scatenato le ire dei suoi detrattori e così si risponde: «Non la mia critica al darwinismo (…). Neppure lo stesso Crepuscolo (…). Fu proprioGenetics of Antibiotics, con il quale ero uscito dall’uovo come il brutto anatroccolo di Andersen, senza avere chiarito prima a quale specie appartenessi. (…) Sono stato osteggiato per idee che non mi hanno mai appartenuto, mentre l’unica colpa di cui sono confesso è la vaga percezione di qualcosa di costante nell’universo, che non oso chiamare “dio”».
La sterminata produzione di Sermonti è anche ricca di articoli comparsi su molti quotidiani, il Tempo, Roma, Il Giornale, il Foglio con i quali entrava nell’attualità, ma sempre col suo sguardo verso i grandi orizzonti.
Caro prof. Sermonti, grazie e tanti cari auguri.
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Articoli del prof. Sermonti presenti in questo sito:
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