Comunità Ambrosiana Newsletter di Alleanza Cattolica in Milano n. 184 – settembre 2015
Marco Invernizzi
Care amiche, cari amici
C’è un legame profondo fra le parole del Santo Padre Francesco contenute nella Lettera a mons. Fisichella dell’1 settembre, dove estende a tutti i sacerdoti la possibilità di assolvere dal delitto dell’aborto, e l’invito ai teologi riuniti a Buenos Aires a “tenere insieme” fede e vita, Tradizione e pastorale, meglio ancora dottrina e realtà (video messaggio al Congresso internazionale di teologia tenuto a Buenos Aires, 1-3 settembre)
Partiamo dall’aborto. Esso è il dramma dell’epoca della rivoluzione culturale e sessuale cominciata nel 1968. Indica il rifiuto della vita e delle conseguenze dell’atto sessuale, quest’ultimo completamente slegato dalla trasmissione della vita. Indica anche come una generazione di donne siano state sedotte dal femminismo e dal disprezzo della realtà corporea (in particolare della femminilità legata alla maternità) e come questa seduzione abbia favorito la diffusione dell’ideologia gender (“donne non si nasce, ma si diventa”, come scriveva Simone de Beauvoir, l’icona del femminismo storico).
Una generazione di donne e di uomini, diventati adulti nei decenni dopo il Sessantotto, si sono portati dentro il “disastro” culturale e morale di quell’epoca storica, culminata nel terrorismo ma soprattutto nella disperazione esistenziale.
A questa generazione, che ha sdoganato l’aborto facendolo diventare legale e confermando questa scelta nel referendum del 1981, oggi il Papa offre il perdono della Chiesa. Un perdono che non è buonismo, perché ricorda l’immensa gravità di quel peccato, ma anche l’infinita grandezza della Misericordia del Signore. Il Papa ci introduce con un gesto concreto nell’immensa gioia che scaturisce dalla certezza di essere stati perdonati, una cosa che tutti possono sperimentare nell’accostarsi al sacramento della confessione.
Il Pontefice, dunque, parte dalla realtà. La realtà di una generazione che si è allontanata da Dio, dalla Sua legge, ma senza trovare la felicità promessa dalle ideologie della ribellione e della trasgressione. Del resto, basta conoscere l’esito disperato delle vite dei due testimoni del Sessantotto, Sartre e la sua Simone, il “Castoro”, come la chiamava, per rendersi conto di come la Rivoluzione finisca sempre nella disperazione.
Su questa realtà papa Francesco innesta la Misericordia, che nasce dalla Fede ma che è altrettanto reale perché assolve veramente, restituisce la Grazia veramente, e altrettanto realmente permette di verificare a chi la sperimenta la gioia incredibile del perdono di Cristo.
Se qualcuno volesse capire che cosa significa “tenere insieme” dottrina e pastorale, fede e vita, allora queste parole pronunciate dal Papa sono esemplari. Esse ci danno molta consolazione, ma sono anche effettivamente vere ed efficaci, non soltanto per il benessere soggettivo che producono.
Ma esse ci invitano anche a non tenere dentro di noi gli effetti benefici di questa azione misericordiosa. Ci invitano, cioè, a diventare apostoli del sacramento della confessione, proprio in questo Anno dedicato alla Misericordia.
Di più, le parole del Santo Padre ci invitano anche, indirettamente, a gridare pubblicamente il fallimento di quella rivoluzione culturale proclamata nel Sessantotto, che ha fra l’altro favorito l’ideologia che ha attaccato la famiglia in questi decenni. Una ideologia che è arrivata a negare lo splendore della differenza sessuale e a insidiare la centralità politica e l’unicità della famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna.
Per questo sarà necessario ritornare in piazza dopo la grande manifestazione del 20 giugno, ritornare a vegliare in silenzio o a esprimere con visibilità il proprio amore alla sola famiglia degna di questo nome. Per ricordare che le bugie possono anche diventare legge dello Stato, ma non cessano per questo di essere menzogne.