Vita Nuova 12 Aprile 2017
Negozi aperti a Pasqua e scuole aperte al Giovedì Santo: la guerra alla religione cattolica è dichiarata. E i cattolici come si comporteranno? Andranno a far compere a Pasqua e manderanno i figli a scuola nel primo giorno del Triduo sacro?
di Stefano Fontana
Nella foto di questo articolo si vede il cartello di un negozio che apre alla domenica delle Palme e alla domenica di Pasqua. Ecco un negozio da non frequentare. Contemporaneamente nella regione Friuli Venezia Giulia le scuole rimarranno aperte al Giovedì Santo. Ecco una disposizione da non applicare. Negozi aperti a Pasqua, scuole aperte al Giovedì Santo: la guerra alla religione cattolica è dichiarata. E se è guerra, che guerra sia: niente acquisti in quel negozio e teniamo i figli a casa da scuola.
Fa bene la pubblica amministrazione a recidere i legami organici con la religione cristiana? Fa bene a sopprimere un po’ alla volta tutte le feste religiose? Fa bene a tenere aperti i supermercati la domenica e perfino a Natale? Fa bene a dividere le famiglie nelle giornate di festa religiosa? Fa bene a trasformare ogni giorno in un giorno qualunque? Le feste religiose non hanno lo stesso valore delle feste civili. Queste ultime sono solo umane. Quelle religiose, invece, attingono ad un patrimonio di senso non solo umano. Fa bene la politica a privare sistematicamente i cittadini di questo patrimonio di senso più che umano? Alla lunga, non si indebolirà la stessa consapevolezza civica che ha sempre bisogno di presupposti che essa non si sa dare da sola? Appiattire i giorni uno sull’altro, come se fossero tutti ugualmente grigi non appiattisce anche gli animi delle persone rendendoli tutti grigi?
La laicità non consiste nell’abolire le feste religiose. In questo caso la laicità diventa un’altra religione. Laica, ma dotata di una assolutezza religiosa. Laicità non significa pensare di poter fare a meno della dimensione religiosa, considerarla irrilevante o addirittura negativa. Laicità significa umiltà della ragione che cerca di usare le sue forze ma non si preclude altri aiuti, compresi quelli che vengono dalle tradizioni religiose che innervano per esempio la Settimana Santa. Lasciare a casa gli studenti non comporta che tutti andranno ai riti pasquali. Comporta però dare un segno pubblico che la dimensione religiosa cristiana ci appartiene, e ci sono momenti in cui anche la società si leva il cappello e si ferma davanti ad essa. Almeno per rispetto se non per convinzione.
Poi c’è la responsabilità dei cattolici. Ci lasciamo depredare di tutto senza dire e fare niente? Contro l’apertura delle scuole al Giovedì Santo qualche protesta si poteva fare, come era stata fatta – seppure timidamente e in ordine (molto) sparso – per l’apertura dei negozi alla domenica. Se questo non è stato fatto, c’è un’ultima riserva: tenere i figli a casa da scuola, spiegando bene loro il motivo. E sforzarsi di vivere con loro un bel Giovedì Santo con la partecipazione in Chiesa ai riti dell’istituzione dell’Eucarestia e del sacerdozio e della lavanda dei piedi