Nuova Bussola quotidiana 9 maggio 2014
di Marco Respinti
Non sono una couple (coppia) bensì una “throuple” (intraducibile) perché sono tre. Tutte donne, ovviamente lesbiche, “sposate”. Fra loro.Si chiamano Doll, Kitten e Brynn; 30 anni la prima, 27 la seconda, 34 la terza. Di cognome fanno tutte Young, visto che sono una “famiglia”. E visto che sono una “famiglia”, adesso aspettano pure un figlio. Delle tre, quella incinta è Kitten, e lo è per essersi sottoposta a fecondazione eterologa mediante inseminazione da un donatore anonimo. Il parto è previsto a luglio. Ma siccome nel trio vige il femminismo e l’egualitarismo più assoluto, i piani per il futuro contemplano altra prole, fino a un totale di tre. Un figlio per ciascuna.
Ci scherzano sopra dicendo che il numero dei loro eredi non dovrà mai superare quello dei “genitori”. Una delle idee cui stanno pensando è che sia comunque sempre Kitten, anche in futuro, a condurre le gravidanze, usando cellule uovo prelevate dalle sue due “mogli” da unire ad altro seme maschile anonimo; assicurano però che sono al vaglio pure altre soluzioni. Della “famiglia” Young circola in rete anche un video. È il primo caso al mondo di poligamia di fatto legalizzata in uno Stato di diritto occidentale.
Accade infatti nel Massachusetts, e il ménage delle tre è scrupolosamente sorvegliato da un avvocato, specializzato in diritto di famiglia… Brynn e Kitten sono “sposate”, “regolarmente” secondo quanto consente la legge del Massachusetts, il primo Stato dell’Unione americana ad avere approvato, il 17 maggio 2004, le “nozze” fra persone dello stesso sesso. Doll è contemporaneamente unita a loro attraverso l’altrettanto lì legale handfasting (letteralmente “legare le mani”), un rituale “neopagano” riconosciuto civilmente in diversi Paesi del mondo e di cui sul web girano diversi “manuali”.
L’aggettivo “neopagano” fa però riferimento alla neostregoneria odierna della famosa Wicca, influenzata da certo New Age, e non a un ricupero archeologico di usanze precristiane. Quando il vero handfasting si diffuse nelle isole britanniche, il paganesimo era già tramontato e la cerimonia pienamente cristiana, restando ovviamente cristiana sino all’epoca moderna allorché cadde in disuso. Si trattava di una promessa solenne di matrimonio introdotta per impegnare stabilmente le coppie in un tempo e in luoghi in cui occorreva aspettare molto prima di disporre di un sacerdote.
Poi si trasformò in un equivalente del fidanzamento attuale e talora – per esempio in Scozia – venne a coincidere con le nozze stesse (lo mostra l’inizio del film Braveheart, diretto e interpretato da Mel Gibson nel 1995). È dunque solo nell’invenzione Wicca che la pratica diviene sinonimo di “unione nuziale” non cristiana, intenzionalmente alternativa al sacramento amministrato dalla Chiesa, dunque utilizzato proprio per “sdoganare” facilmente unioni omosessuali e poligamiche.
Del resto, non è affatto necessario essere “credenti” Wicca per chiedere un handfasting “neopagano”. Un certo successo pop l’handfasting lo ha avuto nel 1991 con il film The Doors di Oliver Stone, dove viene ricostruita la cerimonia con cui, nel 1970, il cantante e leader di quel gruppo rock, Jim Morrison (1943-1971), si legò alla giornalista Patricia Kennealy, che nel film recita interpretando la sacerdotessa Wicca allora officiante.
Il rituale dell’handfasting ha infatti il vantaggio di non essere esclusivo e quindi di poter essere associato, in contemporanea, a qualunque altra cerimonia nuziale (a patto di trovare un officiante che sia disposto a farlo), per esempio i “matrimoni” omosessuali riconosciuti dalla legge del Massachusetts. Non è infatti la concomitanza dei due riti a determinare la legalità e meno di nozze o “matrimoni” omosessuali di per sé riconosciuti dalla legge.
Come dice la “famiglia” Young, «abbiamo […] dovuto lavorare con le provvisioni legali dello Stato. Siccome essere sposati a più di una persona non è ancora legale, abbiamo dovuto combinare l’handfasting, certi documenti giuridicamente vincolanti e il matrimonio riconosciuto dalla legge onde ottenere un assetto finale in cui tutte e tre ci sentissimo uguali». Insomma, tanto pariteticamente sposate l’una all’altra quanto è legalmente possibile.
Tra l’altro, dal dicembre 2013 negli Stati Uniti la poligamia è considerata legale per effetto di una sentenza di un tribunale federale dello Stato dello Utah che dunque costituisce un precedente giurisprudenziale valido su tutto il territorio nazionale. L’unico limite è che le cerimonie religiose poligame non hanno (per ora) valore civile, ma la loro celebrazione e la coabitazione fra gli “sposati” sono legali.
Del resto, proprio alla liberalizzazione totale della poligamia mirano le tre donne. Brynn e Doll sottolineano infatti di avere avuto relazioni omosessuali “plurali” sin dai tempi del liceo e quindi di avere positivamente cercato una terza partner stabile una volta deciso per le “nozze”. Il termine tecnico è il neologismo “poliamore”, vale a dire l’avere contemporaneamente più relazioni affettive e/o sessuali (attenzione, perché adesso viene il “bello”…) “oneste” e condotte “in modo etico”.
Kitten e Doll si dichiarono “pagane”. Brynn, che si dice agnostica e che ha due “matrimoni” lesbici falliti alle spalle, dice di avere capito che la monogamia non fa per lei e sostiene che «noi tre siamo state tanto coraggiose da sostenere la nostra scelta andando contro ciò che la società chiama normale […] Forse Doll, Kitten e io non siano la norma, ma siamo perfettamente normali».
Le tre si sono “sposate” a Lincoln, Massachusetts, il 4 agosto 2013, davanti a un celebrante “pagano” con in tasca un permesso giornaliero emesso da un giudice di pace. Si sono presentate tutte e tre con l’abito bianco, tutte e tre sono state accompagnate all’“altare” dai propri padri, la loro torta “nuziale” scintillava nei colori dell’arcobaleno simbolo del mondo LGBT e al momento fatidico si sono scambiate “fedi” alla moda. Giurano che una quarta “moglie” non ci sarà. Ogni altro commento è davvero superfluo. Resta solo lo spazio di un pensiero accorato per la creatura che Kitten porta in grembo.