“cercate ogni giorno il volto dei santi e traete conforto dai loro discorsi”
[Didaché IV, 2; CN ed., Roma 1978, pag. 32].
di Rino Cammilleri
È uno dei cinque santi venerati dai cattolici con questo nome. Questo Tolomeo era egiziano e figlio di un tal Nestorio, ricchissimo patrizio di Tentyris (città talvolta indicata anche come Dendera nei documenti).
Un giorno, mentre era intento a una gaia scampagnata con gli amici, si imbattè nell’asceta Pafnuzio. Uno scambio di battute fu sufficiente a incuriosire il giovane. In breve Tolomeo fu tutto preso dall’entusiasmo per la vita anacoretica. Pafnuzio lo mandò dal confratello Doroteo, che stava nella capitale della Tebaide, Antinoe.
Il maestro spiegò al discepolo che il mezzo più sicuro per guadagnarsi la vita eterna era l’ascesi monastica, ma il più veloce era il martirio. In effetti, si era al tempo della grande persecuzione anticristiana di Diocleziano e governatore di Antinoe era il famigerato Arriano, zelantissimo nel mettere a morte cristiani.
La narrazione, a questo punto, salta qualche passaggio e ci mostra il nostro Tolomeo a giudizio di fronte ad Arriano. Segue il solito copione di invito all’abiura e rifiuto. Tolomeo fu torturato più volte, poi portato fuori città e appeso a un albero. Qui fu lasciato a morire. Solo che dopo nove giorni era ancora vivo e i carnefici, stufi di attendere, lo finirono con un colpo di lancia alla gola.
Secondo la tradizione, da quell’albero cominciò a sgorgare del miele che guariva miracolosamente chi ne assaggiava. Naturalmente il posto divenne meta di affollati pellegrinaggi e sulla tomba del martire fu costruita una chiesa per accogliere i numerosi fedeli. Ma le tracce di tutto questo svaniscono col XIII secolo.
Il Giornale 7 dicembre 2005