Tommaso d’Aquino, santo e dottore della Chiesa. (Roccasecca 1224 – Fossanova 1274). Filosofo e teologo, da molti ritenuto il maggior pensatore cattolico. Figlio del conte Landolfo d’Aquino, dopo aver ricevuto la prima educazione a Montecassino, studiò a Napoli. Affascinatio dal nuovo Ordine dei domenicani a Napoli, volle entrarvi contro il parere dei parenti, che lo volevano monaco (con la prospettiva di raggiungere la prestigiosa funzione di abate di Montecassino), e fu da quelli angariato in molti modi (al punto che tentarono di farlo “cadere” cercandogli una donnina di facili costumi.
Ma Tommaso non cedette e si mantenne fermo nella sua decisione. Studiò teologia alla scuola di Alberto Magno a Colonia e a Parigi (1245-1252). In quell’anno a Parigi si laureò ed ivi insegnò più o meno continuamente sino al 1260. Venne in Italia, maestro alla corte papale; in seguito fu a Parigi, a Napoli ed in altre località, dove sempre ebbe cattedra per insegnare teologia.
Guglielmo di Tocco scrisse nella biografia di Tommaso: “Tommaso sentiva bassamente di sé, era puro di corpo e d’anima, fervoroso nella preghiera, risoluto nel consiglio, riboccante d’amore, di mente serena, di spirito forte, previdente nel giudicare, dotato di tenace memoria, libero da ogni sensualità, tenne a vile qualunque cosa terrena”. Spesso durante la Messa si commuoveva fino alle lacrime. E quando passava a piedi per i campi, i contadini meravigliati dalla sua imponenza si voltavano verso di lui. Amante della verità sopra ogni cosa, consacrava tutto il suo tempo alla riflessione.
Cosicché anche durante i pasti egli continuava a pensare, e i suoi confratelli potevano cambiagli le pietanze nel piatto senza che egli se ne accorgesse. Tanto stimava il valore della sincerità che, giovane, non si sottrasse all’invito di alcuni suoi confratelli burloni, che gli dicevano: “Tommaso, vieni a vedere un bue che vola!” Taciturno, era chiamato dai suoi condiscepoli “Bue muto”, “il gran bue muto di Sicilia” (così i confratelli tedeschi, per i quali tutta l’Italia era Sicilia): ma Alberto Magno, suo maestro e che ben lo conosceva, li ammoniva “quando muggirà, farà temare il mondo!”
Morì ospite di un’abbazia cistercense, mentre si recava al concilio di Lione. Il suo corpo, di grandi dimensioni per altezza e peso, venne presto bollito per favorirne una migliore conservazione. Giovanni XXII lo dichiarò santo nel 1323 (“tot miracula fecit, quot articula scripsit”); Pio V lo proclamò “Dottore della Chiesa”.
Opere
I commenti: ai Quattro libri delle sentenze di Pietro Lombardo, alla Logica, Fisica, Etica e alla Metafisica, ecc. di Aristotele; allo pseudo-Dionigi; alla Scrittura;
le Somme: Summa contra gentiles; Summa theologica (incompiuta);
le Questioni: Quaestiones disputatae (de veritate, de anima, ecc.); Quaestiones quodlibetales;
scritti diversi: De unitate intellectus contra Averroistas; De aeternitate mundi; De regimine principum, ecc.
Fede/ragione
L’opera di Tommaso è fondamentale per la filosofia e la teologia del Medioevo; se l’agostinismo dominò nel primo periodo della scolastica, nei secoli XIII e XIV la soluzione offerta da Tommaso “il Dottore Angelico”) sul problema del rapporto tra fede e ragione innovò, pur senza rovesciarla, la soluzione tradizionale, nel senso di una maggiore importanza attribuita alla ragione.
Il Santo, sostenendo che la ragione giova alla fede, riconosce l’esistenza di un livello naturale “come fornito di un significato per sé stante, intelligibile per la ragione, indipendentemente da ogni presupposto religioso.” (E. P. Lamanna). Ciò però significa più una distinzione che una separazione: la ragione e la natura trovano il loro pieno compimento nella fede e nella grazia (secondo il celebre adagio tomista: “gratia naturam perficit”). In effetti Tommaso respinse la teoria averroistica della doppia verità: per lui la verità è una.
Alcune verità come l’esistenza di Dio, infinitamente Perfetto, la spiritualità e l’immortalità dell’anima sono verità razionali e verità di fede ad un tempo; perciò Tommaso affida alla teologia naturale il compito di dimostrare filosoficamente le verità di ragione, che rappresentano i presupposti della fede (preambula fidei).
Questo nuovo spazio dato alla ragione significava in concreto accogliere la filosofia di Aristotele, che in quel tempo era comparsa sulla scena della cultura occidentale come un dato nuovo, per certi aspetti inquietante a differenza del platonismo, che per secoli era stato il fedele alleato della teologia. Tommaso, utilizza categorie aristoteliche, come potenza ed atto, materia e forma, sostanza e accidenti, intelletto attivo e passivo, ripensandole in modo originale in una sintesi che può dirsi senz’altro cristiana.
Dio e la creazione
Dio e il suo rapporto con il mondo sono al centro della speculazione tomistica. Che Dio esista non è evidente a-priori, ma può essere dimostrato razionalmente. Tommaso elabora a tal fine cinque vie, per cui risaliamo a Dio, rispettivamente come Motore immobile, Causa prima, Essere necessario, Perfezione assoluta, Fine ultimo. La ragione conosce l’unità, l’infinità, la perfezione assoluta, l’onnipotenza di Dio, ma non il suo essere trinitario, che è conosciuto solo per fede.
Tuttavia la ragione può vedere l’inconsistenza di tutte le obiezioni contro il mistero della Trinità. All’inizio della realtà finita vi è l’atto creatore di Dio, che ha liberamente deciso di creare, non spinto da alcuna necessità. Che il mondo abbia avuto un inizio però è solo verità di fede, non di ragione (secondo la quale sarebbe anche possibile una creazione eterna). Dio è l’essere sussistente, colui che è e si conosce perfettamente, conoscendo così tutte le ragioni o forme (l’universale ante rem) delle cose che verranno create.
L’essere divino si distingue dall’essere creato o partecipato, in quanto in esso vi è identità di essenza ed esistenza, mentre si dà tra esse reale distinzione nell’essere partecipato: Dio è l’Ipsum Esse Subsistens. Dio poi è causa prima di tutto, mentre le creature sono cause seconde che agiscono per realizzare il loro appetito di perfezionamento secondo la loro natura.
Cosmologia
Il mondo creato è formato da sostanze, alcune puramente spirituali (pure forme: gli angeli), altre corporeo-spirituali (l’uomo: forma sussistente unita a una materia), altre corporee (composte di materia e di forma). Tommaso dunque segue la teoria ilemorfica, per cui le cose corporee sono composte di materia e forma. Ciò che distingue gli individui nell’ambito della specie, è la loro materia (materia signata quantitate), dove non c’è materia, non si dà neppure, propriamente, individuo (i singoli angeli formano pertanto tante specie individuali).
Antropologia
In antropologia Tommaso afferma il primato dell’intelletto sulla volontà: per poter amare, occorre prima conoscere; mentre infatti la volontà è in qualche modo soggettiva, l’intelletto ci unisce massimamente all’oggetto, a cui è totalmente spalancato, e ci “adegua” ad esso nel fulgore della verità che è appunto adaequatio rei et intellectus. Nello stato attuale, per l’unione dell’anima col corpo, l’intelletto deve ricorrere a specie sensibili e intelligibili (con l’astrazione) mediante le quali si fa intenzionale alle essenze delle cose empiriche alle quali è limitata la sua cognizione propria.
L’intelletto, capacità di cogliere lo spirituale, appartiene all’anima (per quanto ne sia realmente distinto) e perciò l’anima stessa è spirituale e quindi immortale. L’anima poi è l’unica forma sostanziale dell’uomo ed è anche principio delle sue funzioni vegetative e sensitive. La natura umana, pur tendendo alla sua perfezione naturale, ha un unico fine ultimo reale, che è soprannaturale, ed è offerto dalla grazia che Dio le partecipa gratuitamente: soltanto in Gesù Cristo l’uomo trova il suo compimento.
Testi
su S.Tommaso nella Catholic Encyclopedia on line (in inglese, 77 kb html)
Bibliografia essenziale
Campodonico Angelo, Alla scoperta dell’essere, Jaca Book, Milano 1986.
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Il Timone – n. 4 Novembre/Dicembre 1999
TOMMASO IL MAESTRO
di Maurizio Schoepflin
Antonio Livi, affermato docente dell’Università Lateranense, intitolando un suo recente importante libro Tommaso d’Aquino. Il futuro del pensiero cristiano (Mondadori), ha indicato con chiarezza quale debba essere il modo corretto di avvicinarsi alla figura e all’opera del sommo filosofo medievale: Tommaso non appartiene al passato, non è soltanto un protagonista della storia del pensiero ormai consegnato agli scaffali delle biblioteche; egli rappresenta tutt’oggi un punto di riferimento insostituibile per la filosofia cristiana, anzi, di più, il suo messaggio costituisce una straordinaria bussola per orientarsi nel futuro e un inestimabile patrimonio di sapienza da riscoprire e attualizzare costantemente.
Per la verità, queste convinzioni circa il valore perenne della filosofia dell’Aquinate sono state ripetutamente espresse dal più alto Magistero della Chiesa: basti ricordare, a questo riguardo, che, in epoca contemporanea, a partire dalla celebre enciclica Aeterni Patris pubblicata da Leone XIII nel 1879, i Pontefici non si sono mai stancati di additare in Tommaso il “principe e maestro” dei filosofi cristiani e di invitare sia gli studiosi che i semplici credenti a guardare a lui come a una sorgente filosofica e spirituale sempre viva; “Andate a Tommaso!”: esclamava Pio XI nell’enciclica Studiorum ducem.
Dunque, la riproposizione del messaggio tomista – almeno nelle sue linee principali e più immediatamente comprensibili non rappresenta un esercizio di mera erudizione, ma costituisce un’operazione necessaria per ben attrezzare la filosofia cristiana che s’incammina verso il terzo millennio e anche per aiutare i singoli fedeli a meglio comprendere la Verità in cui credono.
Tommaso nacque a Roccasecca, nel Lazio, nel 1221, e, nonostante l’opposizione della famiglia, si fece domenicano; ebbe come maestro Sant’Alberto Magno, il quale, per primo, si accorse del suo straordinario vigore intellettuale e lo avviò all’insegnamento universitario, che egli svolse in varie città europee, manifestando eccelse doti speculative.
Tommaso scrisse moltissime opere che appaiono ancor oggi capolavori assoluti; questa sua formidabile attività di studioso non gli fece mai perdere l’umiltà dell’autentico credente: poco prima che la morte lo cogliesse il 7 marzo 1274 nell’abbazia di Fossanova, egli aveva confidato a un confratello di considerare i propri scritti ben poca cosa dinanzi alla maestà di quel Dio in cui aveva profondamente creduto e che avrebbe presto incontrato.
Tra gli insegnamenti più validi e fecondi di Tommaso è opportuno segnalare quello riguardante il rapporto tra ragione e fede; a questo proposito, egli fu convinto che fra le due realtà non vi fosse antagonismo: la ragione costituisce un utilissimo strumento per avvicinarsi alla fede e per sostenerne, specialmente nei confronti dei non credenti, la validità. Di qui scaturisce pure l’importante ruolo attribuito da Tommaso alla filosofia: essa ha una sua intangibile autonomia, ma non deve pretendere di essere il sapere più alto: tale sapere è infatti quello teologico.
Secondo Tommaso fede e ragione, filosofia e teologia non si oppongono ma si integrano a vicenda, fermo restando il primato delle seconde sulle prime, primato derivante dal fatto che soltanto la Rivelazione divina può condurre l’uomo alla verità piena e autentica: per l’Aquinate, infatti, la Grazia non sopprime la natura umana, ma la innalza e la perfeziona.
Tommaso ha pure elaborato una ricchissima filosofia dell’essere, della quale in questa sede non è possibile ricordare i contenuti particolari; da essa scaturiscono alcune fondamentali verità che Tommaso ha voluto sottolineare con forza: innanzitutto quella relativa alla positività e bontà di tutto ciò che è, in quanto frutto dell’opera di Dio, che è l’essere per eccellenza e il bene sommo; inoltre, l’Aquinate, alla luce della sua dottrina dell’essere, chiarisce in modo davvero geniale il rapporto tra il Creatore e le creature, affermando che, poichè Dio è l’essere e le creature hanno l’essere, tra le due entità esiste una sorta di analogia: il creato assomiglia al Creatore, sebbene il Creatore rimanga infinitamente al di sopra del creato, cioè lo trascenda. Tommaso ha positivamente accentuato le proprietà fondamentali di ogni ente, in particolare la verità e la bontà, proponendo una visione equilibratamente ottimistica della realtà.
In sintonia con quanto sostenuto riguardo al rapporto tra ragione e fede, Tommaso elaborò cinque celebri prove razionali dell’esistenza di Dio, a partire dalla realtà del mondo, considerato l’effetto evidente dell’azione divina che lo ha causato: egli sa bene che la dimostrazione dell’esistenza di Dio non sostituisce la fede e non può riguardare i misteri della Rivelazione (Incarnazione, Resurrezione ecc.), ma è convinto che le sue cinque vie per dimostrare l’esistenza di Dio possano persuadere tutti coloro che usano correttamente la ragione.
Tommaso elaborò pure importanti dottrine intorno alla morale, al diritto, alla politica: non vi è campo della vita e della cultura sul quale egli non abbia riflettuto, con risultati davvero fulgidi. Egli ci appare ancora come un maestro insostituibile, grazie alla sua radicale sincerità, alla sua fede aperta e alla sua serenità speculativa, veri antidoti contro il pessimismo e il nichilismo che sembrano caratterizzare la filosofia del nostro tempo.
Bibliografia
Giovanni Paolo II, Enciclica Fides et ratio, 1998.