Nota a proposito di Marilyn Manson
di Andrea Menegotto
«Cattivo maestro» per masse di giovani e artista del paradosso e della trasgressione, Manson – a torto o a ragione – è accusato (negli U.S.A., ma anche in Italia) di avere ispirato con i testi delle sue canzoni suicidi e azioni violente da parte di alcuni suoi giovani fans, dalla strage alla Columbine High School a Littleton (Colorado) del 20 aprile 1999 – i cui autori, poi suicidi, peraltro non pare fossero fra gli affezionati di Manson, ma della band tedesca KMFDM – all’omicidio a Chiavenna (Sondrio) di suor Maria Laura Mainetti (1939-2000) nella notte fra il 6 e il 7 giugno 2000 ad opera di tre ragazze allora minorenni, i cui diari riprendevano ossessivamente «motti» tratti dalle canzoni del rocker statunitense.
Occorre peraltro esercitare cautela nello stabilire nessi diretti e causali fra l’ascolto della musica di Manson e i vari delitti che lo stesso è accusato in qualche modo di indurre; dopo tutto fra milioni di giovani che acquistano i suoi dischi, fortunatamente, solo pochissimi commettono reati.
Chi scrive, in questa sede, non ha certo l’intenzione di dare un quadro completo su una figura che di per sé, anche per l’incrocio continuo di numerose tematiche – quali sesso, pornografia, morte, aborto, droga, violenza, profanazione di simboli sacri e quant’altro – che si riscontrano nei suoi dischi, negli spettacoli, nelle parole e nel suo stesso personaggio, noto per il pesante trucco con cui si presenta al pubblico e per le continue mutazioni del suo aspetto, è da ritenersi personalità assai complessa.
Piuttosto, chi è abituato a fungere da osservatore delle forme, talora bizzarre, del sacro e della popular culture (in particolare negli aspetti attinenti al sacro stesso o al soprannaturale) così come si presentano nella nostra epoca post-moderna non potrà fare a meno di cogliere in Marilyn Manson spunti e riferimenti quantomeno degni di attenzione, che peraltro vengono generalmente banalizzati da chi – critici musicali e affini – si interessa del cantante dal punto di vista prettamente musicale o folklorico.
Le biografie sono numerosissime sia in volume che sul Web, tuttavia esse sono certamente da vagliare in termini critici poiché mentre le autobiografie e le opere di vari autori e fans tendono a presentare il cantante in termini «leggendari», gli oppositori, nell’intento di cercare di allontanare dal loro idolo masse di giovani e teen agers che accorrono numerosi ai suoi concerti e acquistano i suoi dischi, ne tracciano dei ritratti con forti connotazioni «demoniache», che peraltro spesso contribuiscono a mitizzare ulteriormente la figura di Manson agli occhi della giovane folla che vede in lui l’incarnazione della trasgressione, da osannare e imitare.
Comunque sia, le narrative circa l’infanzia e la giovinezza parlano di un bambino turbato in tenerissima età dalla scoperta delle perversioni sessuali del nonno e concordano sul fatto che il giovane Brian si ritiene poi frustato dalla frequentazione di un ambiente scolastico cristiano fondamentalista e, proprio in quell’ambito estremamente rigoroso dal punto di vista morale e per reazione allo stesso, si sviluppa il suo desiderio di andare controcorrente, scrivendo fumetti pornografici e diffondendo audiocassette di gruppi rock proibiti dalle autorità della scuola.
Più tardi, Brian tenta varie esperienze letterarie senza alcun successo, tuttavia riesce a diventare collaboratore di una nuova rivista musicale. Questa professione gli consente di sviluppare conoscenze nel mondo discografico e di fondare una band specializzata in hard rock, che subito si caratterizza per gli spettacoli e uno stile di vita trasgressivo, con ampio uso di sostanze stupefacenti.
Brian Warner nel 1998 incontra l’attrice Rose McGowan, con cui si sposa nel 1999 separandosi nel 2001. Quest’ultima è l’interprete del personaggio di Paige Halliwell, entrato in scena dalla quarta stagione di Streghe (Charmed), serial televisivo di successo, trasmesso anche in Italia. La McGowan, nata da madre francese e padre irlandese il 5 settembre 1975 a Firenze, vive per alcuni anni a Certaldo (in provincia di Firenze), dove ritorna intorno al 2000 insieme a Manson, volendo rivisitare i luoghi della sua infanzia.
Proprio negli anni di permanenza in Italia, fa parte del movimento dei Bambini di Dio (che ora ha assunto il nome di The Family; una sintesi in italiano sulla storia e le dottrine è quella di J. Gordon Melton, Dai Bambini di Dio a The Family, Elledici, Leumann [Torino] 1997), fondato da David Berg (1919-1994), il cui nome profetico è Moses David.
In effetti, l’attività dei Bambini di Dio in Italia inizia pochi anni prima della nascita di Rose, con una visita del fondatore nel 1971 e l’arrivo di un piccolo team missionario guidato dalla figlia Faith nel marzo 1972. Tornando propriamente a Marilyn Manson, occorre rilevare che già la scelta del nome d’arte da parte del cantante statunitense è di per sé volutamente ambigua e trasgressiva e denota il riferimento a due «miti»: Marilyn Monroe (1926-1962), indiscussa e celebrata sex symbol, e Charles Manson (1934-), ispiratore della strage di Los Angeles in cui fu uccisa l’attrice (incinta) Sharon Tate (1943-1969), moglie del regista Roman Polanski.
Come confermato in varie occasioni dallo stesso Brian Warner, il riferimento alla Monroe consente la possibilità di muoversi, nel gioco di continue mutazioni e travestimenti che ormai lo caratterizza, fra i due estremi: maschio/femmina, ma anche bene/male, buono/cattivo. Per quanto concerne il riferimento a Charles Manson, invece, occorre notare che gli omicidi commessi da aderenti alla comunità raccolta attorno a questi (La Famiglia), nel 1969, e il successivo clamoroso processo del 1972 procurano inizialmente un’ampia pubblicità al satanismo, ma determinano pure una forte reazione sociale.
Oggi, gli specialisti concordano sul fatto che gli elementi «satanici» della sua comunità sono stati introdotti in gran parte da un Charles Manson intento a reinventarsi come personaggio più importante di quanto non fosse in realtà mentre si trovava in carcere, dopo gli omicidi, e prontamente utilizzati dal rappresentante della pubblica accusa, il procuratore Vincent Bugliosi, per costruirsi a sua volta una importante fama politica e, più tardi, letteraria.
Tuttavia, il riferimento satanico in senso stretto esiste ed è ben messo in evidenza nelle biografie di Marilyn Manson: nel 1994 il cantante incontra infatti Anton Szandor LaVey (pseudonimo di Howard Stanton Levey, [1930-1997]), e aderisce alla Chiesa di Satana da questi fondata nel 1966 con l’amico e regista underground di Hollywood, Kenneth Anger (pseudonimo di Kenneth William Anglemyer, [1927-]), la quale Chiesa di Satana fa seguito alla costituzione (avvenuta nel 1961) di un’organizzazione chiamata Magic Circle.
A detta di alcuni biografi, l’incontro con LaVey, che fa guadagnare al cantante l’appellativo di «reverendo» quale riferimento all’affiliazione alla Chiesa di Satana californiana, ispira profondamente le varie tematiche e messaggi che emergono dai testi delle canzoni di Warner, le quali da anni certamente affascinano molti giovani che fanno proprio uno stile di vita ispirato ad una subcultura con riferimenti a vari tipi di trasgressione e disperazione, dalla droga, al sesso, al gusto per il macabro e il «grottesco» (non a caso il titolo dell’ultimo disco di Manson è The Golden Age Of Grotesque), passando per il satanismo.
Per la precisione, nel 1994 Anton LaVey versava in pessime condizioni di salute (morirà tre anni più tardi) e, con l’eccezione della branca di New York, la Chiesa di satana da lui fondata esisteva prevalentemente sulla carta. Manson, peraltro, anche in recenti interviste tende sempre più a sminuire il riferimento diretto al satanismo, affermando che – semplicemente – Satana non esiste.
Tuttavia, la questione non è di così semplice soluzione, soprattutto se la si guarda con gli occhi di chi non si occupa del cantante statunitense solo come fenomeno musicale in senso stretto. Infatti, è proprio di La Vey l’interpretazione «razionalista» del satanismo, quella cioè che individua sostanzialmente nel demonio l’«indulgenza in luogo dell’astinenza» ovvero il simbolo di una rivolta razionalista e atea contro la religione e la morale, temi che, appunto, rientrano ampiamente fra i riferimenti e gli inviti alla trasgressione a cui Manson lancia un appello con le sue canzoni e con la sua stessa immagine.
In effetti, sembra plausibile che – come molti sostengono – quella relativa a Marilyn Manson sia soprattutto una grossa operazione di business da parte dello stesso cantante e dell’industria discografica, tuttavia la giovane folla che accorre ai concerti del «reverendo» e acquista i suoi dischi pare sostanzialmente confermare quanto il sociologo delle religioni Massimo Introvigne scriveva nel 1994 a proposito dei gusti musicali di alcuni giovani che possono sfociare nella creazione di una certa subcultura satanica e nel cosiddetto «satanismo giovanile»: «[…] in un mondo dove il sesso e il turpiloquio non creano più veramente scandalo […] forse soltanto Satana rimane veramente provocatorio» (Indagine sul satanismo. Satanisti e anti-satanisti dal Seicento ai nostri giorni, Mondadori, p. 362).
Marilyn Manson non è forse un satanista vero nomine, tuttavia, dal canto suo, ha saputo pienamente cavalcare l’onda di una gioventù post-moderna che, privata di valori e riferimenti culturali di qualche rilievo, è spesso disposta a cedere il passo alla trasgressione e alla disperazione come forme di protesta contro il mondo «perbenista», e – forse e più ancora – inconsapevolmente contro se stessa.