martedì 26 dicembre 2017
Il nostro Paese potrà avere una speranza di futuro il giorno in cui un premier o un presidente della repubblica italiana sarà capace di pronunciare un discorso come quello di Trump. Preghiamo perché non tardi a spuntare l’alba di quel giorno benedetto
Avv. Gianfranco Amato
Donald Trump ha rifilato un altro sonoro ceffone sul volto laicista e cristianofobico del politically correct. È accaduto in occasione del suo primo splendido discorso natalizio. Dopo tre lustri di stucchevole melassa multiculturalista propinata dal clan democrat Obama-Clinton, finalmente alla Casa Bianca un presidente degli Stati Uniti è tornato a parlare di «Santo Natale». Archiviata definitivamente l’evanescente neutralità della parola “festa”.
Trump si è rivelato un vero leader cristiano capace di confessare pubblicamente il suo «tremendous honor to finally wish America and the world a very Merry Christmas». Un «immenso onore». Trump ha spiegato che «fin dagli albori della loro nazione, gli americani sanno che Natale è un tempo dedicato alla preghiera e al culto, per ringraziare, per esprimere buona volontà, per invocare la pace e per cercare di rinnovarsi».
Lo stesso presidente non ha nascosto l’immensa gioia, sua e di sua moglie, «nell’inaugurare questo periodo davvero benedetto», pensando con emozione a tutti coloro i «cui cuori sono allietati dal miracolo del Natale».
Poi, ha avuto il coraggio di annunciare al mondo intero il vero senso di questa santa festa: «Per i cristiani il Natale è un periodo santo perché si celebra la nascita di nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo». Ha pure aggiunto un dettaglio non irrilevante: «La storia del Natale inizia duemila anni fa con una madre, un padre, il loro figlio neonato, e il più straordinario di tutti i doni, il regalo dell’amore di Dio all’umanità intera». Una madre, un padre e un figlio. La Sacra Famiglia come unico e autentico paradigma di ogni vera famiglia.
Ma Trump ha avuto anche l’audacia di riconoscere pubblicamente l’importanza del cristianesimo a livello planetario. E lo ha fatto con queste significative parole: «Qualunque convinzione o credo religioso si possa avere, tutti sanno che la nascita di Gesù Cristo e la storia di questa incredibile vita ha cambiato per sempre il corso della storia dell’umanità; non c’è praticamente nessun aspetto della nostra vita quotidiana che non sia connesso con questo avvenimento: l’arte, la musica, la cultura, la legge, e il rispetto dovuto alla dignità sacra di ogni singola persona in tutto il mondo». Davvero un grande!
È riuscito persino a mostrarsi più coraggioso di tanti pavidi pastori religiosi, quando ha affermato: «Ogni anno e tutti gli anni a Natale noi riconosciamo che il vero spirito di questo tempo privilegiato non consiste in quello che abbiamo, ma in quello che siamo; ognuno di noi, infatti, è un figlio di Dio, e questa è la vera e unica fonte di gioia del Natale; questo è ciò che rende ogni Natale “felice”».
Il presidente ha infine ricordato che la cerimonia che stava celebrando con il suo discorso aveva come scopo quello di rendere evidente il fatto che «siamo tutti chiamati a servire l’un l’altro, ad amarci l’un l’altro, e a riempire di pace non solo i nostri cuori ma tutta la Terra».
Poi, verso la conclusione, Donald Trump ha superato se stesso quando nei ringraziamenti finali si è lasciato andare a questo importante riconoscimento di gratitudine: «Stasera voglio rivolgere un grazie speciale alle famiglie d’America». Questo perché, secondo il presidente, «a Natale ci appare ancora più evidente che la famiglia è il fondamento della società americana». Sì, Trump ha definito proprio così la famiglia, il «bedrock», ossia il fondamento, il caposaldo, il pilastro della società. Il «fundamentum urbis» di cui parlava Cicerone nella sua opera De Officiis (I, 53-54).
Da questo importante riconoscimento, Trump trae spunto per la frase conclusiva del suo discorso natalizio: «E, quindi, questo Natale noi chiediamo che la benedizione di Dio discenda sulla nostra famiglia, sulla nostra nazione; e preghiamo perché il nostro Paese possa essere un luogo in cui ogni bimbo conosca una famiglia capace di accoglierlo con amore, perché il nostro Paese possa essere una comunità piena di speranza ed una nazione benedetta dalla fede». Amen.
Il nostro Paese, invece, potrà avere una speranza di futuro il giorno in cui un premier o un presidente della repubblica italiana sarà capace di pronunciare un discorso come quello di Trump. Preghiamo perché non tardi a spuntare l’alba di quel giorno benedetto. Auguri.