Una legge approvata lo scorso novembre a tutela dei figli nati da rapporti incestuosi – oltre a essere molto discutibile in sé – nasconde il vero scopo di alcuni dei suoi sostenitori: arrivare alla legittimazione giuridica dell’incesto.
di Tommaso Scandroglio
Qualcuno, insieme ai 366 onorevoli, potrebbe plaudere a questa nuova norma perché tesa a tutelare, al pari dei figli legittimi, quelli nati fuori dal matrimonio, compresi quelli concepiti a seguito di incesto. Ma il buon senso e il diritto vigente dicono altro.
Tutela della persona ma non dell’onta dell’incesto
II nostro ordinamento da una parte vuole di certo proteggere chi è nato da rapporto incestuoso non degradandolo a figlio di serie B. Desidera cioè tutelarlo dall’onta dell’incesto e insieme a questo garantirgli l’esercizio dei suoi diritti fondamentali. Ma dall’altro è fermo — almeno fino all’altro ieri — nel distinguere lo status di figlio legittimo da quello naturale e naturale-incestuoso, non per stigmatizzare il figlio ma per stigmatizzare l’atto incestuoso e privilegiare la famiglia fondata sul matrimonio.
In merito al primo aspetto già oggi le nostre leggi non discriminano i figli nati da incesto e infatti questi possono ottenere dai genitori naturali il mantenimento, l’istruzione e l’educazione o, se maggiorenni e in stato di bisogno, gli alimenti. Qualora poi si verifichi il decesso dei genitori i figli di incesto hanno diritto a un assegno vitalizio dello stesso ammontare della quota che avrebbero ricevuto se fossero stati riconosciuti o se fossero stati figli legittimi.
Il riconoscimento poi, in alcune tassative fattispecie, è già praticabile ma solo se il figlio maggiorenne è d’accordo. Invece la legge appena varata lascia la decisione a chi ha compiuto l’atto incestuoso, spesso violento.
D’altro canto lo Stato non vuole che il marchio dell’infamia sia impresso a vita nelle carni di questi figli ed è esattamente per questo motivo che, a causa del divieto di riconoscimento, costoro non possono assumere il cognome del genitore, non possono essere sottoposti alla potestà di tale genitore e sono esclusi dall’asse ereditario proprio dei figli legittimi. Quindi: tutela dei diritti fondamentali della persona, anche di quella venuta al mondo a seguito di un rapporto incestuoso, ma non tutela del vincolo incestuoso.
Ragioni di logica e ragioni di diritto
C’è poi un motivo di logica giuridica che impone di non riconoscere in automatico ai figli di incesto alcuni diritti. L’incesto nel nostro ordinamento è considerato reato ex art. 564 CP. Ora appare contraddittorio che da un fatto costituente illecito penale scaturiscano dei diritti. È un po’ come se un ladro potesse vantare un diritto di proprietà sui beni rubati.
Il no del nostro ordinamento al riconoscimento dei figli incestuosi si incardinava anche su un’altra considerazione tutt’altro che marginale. Il riconoscimento del figlio incestuoso e quindi l’assegnazione dei diritti di cui sopra comporterebbero il riconoscimento giuridico della famiglia incestuosa. Invece non si può dare eticamente e quindi giuridicamente la famiglia incestuosa, perché l’unica famiglia esistente per la nostra Costituzione è quella naturale fondata sul matrimonio, priva di figli incestuosi.
In modo corretto si osserva che «l’ordinamento giustamente presuppone che il mantenimento di significativi rapporti affettivi con i genitori incestuosi costituisca un pregiudizio per i minori» (Alessio Anceschi, Rapporti tra genitori e figli – profili di responsabilità).
Detto in altri termini, il riconoscimento farebbe entrare nella famiglia dell’uno o dell’altro il figlio incestuoso, perpetuando e giustificando per legge un rapporto affettivo insano. Uno dei padri della Costituzione, il senatore Umberto Merlin, ebbe a dire: «Dire che non è logico far ricadere sui figli innocenti la colpa dei padri, è tesi bellissima, da romando, ma non è argomento persuasivo per il legislatore e soprattutto per il legislatore costituente, il quale deve formulare gli articoli con il cuore, sì, ma soprattutto con la ragione».
Il vero scopo dei soliti radicali
Infine dietro l’angolo si cela un altro pericolo non proprio remoto: ora che è legittimo riconoscere i figli di incesto, il prossimo passo potrebbe essere quello di rendere legittimo l’incesto stesso, abrogando il relativo articolo del Codice Penale. Fantasie? Non proprio a leggere il Disegno di Legge del 2008 degli onorevoli radicali Donatella Foretti e Marco Perduca dal titolo “Depenalizzazione dei delitti contro la morale della famiglia” in cui si chiedeva l’abrogazione del reato di incesto e dell’art. art. 565 del Codice Penale relativo agli “Attentati alla morale familiare commessi col mezzo della stampa periodica”.
Questi due delitti, a detta dei due senatori, «marchiano il nostro codice penale di un reato contro la morale di cui non si capisce l’utilità, se non per creare confusione tra peccato e reato, tipica di leggi di Stati confessionali e non laici come il nostro». Inoltre si evidenziava «l’assurdità di prevedere reati, puniti con la reclusione e la perdita della patria potestà nei casi in cui il rapporto tra consanguinei avvenga senza costrizioni o violenza, ma come conseguenza una libera scelta e quindi come forma e manifestazione ultima di un relazione affettiva e amorosa».
Insomma in nome di un morboso affetto tutto sarebbe lecito sul piano morale e legittimo su quello giuridico.