di Roberto Volpi
Toh, ora in molti ci danno dentro a denununciare che la mappatura del genoma in chiave di medicina predittiva (personalizzata) e tutti i test fioriti su questa base che avevano la pretesa di dirci di che morte avremmo dovuto morire se non avessimo seguito le debite istruzioni per fare lo slalom tra il 39 per cento di probabilità di beccare il tal tumore prima dei cinquanta e il 28 per cento di probabilità di incorrere in un infarto prima dei sessanta sono né più né meno delle immani quanto pericolose frescacce.
E invece no, non ci avevate detto proprio un bel niente voi, cari scienziati. E non avete scusanti, non potete neppure dire che dovevate aspettare per vedere che cosa i test del Dna avrebbero combinato all’atto pratico. Perché era chiarissimo da subito, da prima ancora che cominciasse la mappatura del genoma, che: a) le malattie monogeniche (dalla talassemia all’emofilia alla fibrosi cistica) sono un pugno di malattie rare ereditarie e che queste e solo queste sono “comandate” dai geni, anzi da un solo gene; b) che i polimorfismi, ovvero le varianti genetiche presumibilmente collegate alle comuni malattie come il cancro, il diabete, l’ipertensione sono un’infinità e agiscono tutt’altro che linearmente; e) che un conto è il genotipo e un altro è il fenotipo.
Proprio voi, cari i miei scienziati, avete fatto sì che si annebbiasse fin quasi a scomparire quest’ultima, decisiva distinzione. Il genotipo di un organismo è l’insieme dei suoi geni così come sono allineati nel suo Dna. Ma il fenotipo è l’insieme delle caratteristiche fisiche, psichiche e psicosomatiche dell’individuo così come si evolvono e si presentano in un dato momento storico, in un dato ambiente, all’interno di un dato complesso,di circostanze, molte delle quali casuali, che fanno – momento storico ambiente e circostanze – la vita, la singola e irripetibile vita dei singoli individui.
Il vizio del fumo
E se è vero che il genotipo agisce, ma tutt’altro che univocamente e causalmente, sul fenotipo, è ncora più vero che la vita nell’accezione sopra indicata agisce decisamente di più nel fare del fenotipo “quel” fenotipo e non un altro. Due gemelli omozigoti con gli stessi gameti e lo stesso Dna sono capaci di sviluppare vite diversissime, e dunque personalità, modi di essere e di fare, salute e malattie, agli antipodi, se allevati con stili di vita e in circostanze distanti tra loro.
Solo una “genomania” disseminata a piene mani, del tutto acriticamente dai “pulpiti” e dalle “voci” che avrebbero dovuto metterci in guardia da essa ha fatto sì che si perdesse la distinzione tra genotipo e fenotipo e che venisse inculcata nei cervelli delle persone l’incredibile, oltraggiosa e perniciosa fandonia che ciascuno di noi non sarebbe altro che l’insieme dei suoi geni.
Chi se non voi, cari i miei scienziati, ha portato la ricerca sui geni fino a vette tali da imputare a qualche loro variante o azione, che so, l’espressione del voto? o il fatto di preferire la birra invece che l’aranciata? il vizio del fumo o la passione per le droghe? la ricerca di un partner che assomiglia al padre o la mania per l’ordine piuttosto che la spinta a fare casino? Non vi bastavano i geni della criminalità, siete arrivati a quelli dell’immortalità. E non ci si venga a dire che si tratta di esagerazioni giornalistiche, perché dietro ogni esagerazione c’è l’intervista dì qualche addetto ai lavori, c’è la scoperta di qualche gruppo di ricercatori.
Né la ritirata dagli avamposti occupati dalla simil scienza, dall’ideologia scientifica, dal moderno pensiero magico contrabbandato per scientifico all’ombra del nuovo idolo genomico, si annuncia senza resistenze. Basta leggère il fondo di uno dei più autorevoli dei nostri scienziati, Edoardo Boncinelli, sul Corriere del 18 aprile per capirlo: “Tra tutte le cose Belle che se, ne poteva dire [dello studio del genoma] i media hanno sottolineato e il grande pubblico ha colto soprattutto l’aspetto predittivo”, ovvero che “si sarebbe potuto prevedére con grande anticipo alcune malattie che avrebbero poi colto questa o quella persona nel corso della sua vita”. Insomma, che colpa ha la scienza se i media tirano a sorprendere per fare ascolti e il grande pubblico si lascia abbindolare?
Gesù. Vien voglia di mondare la casa di Boncinelli di tutta la carta con su scritta l’ininterrotta sequela di dichiarazioni, proclami e assicurazioni di fior di scienziati che questo sostengono, che le malattie potranno essere previste, che arrivare a 120 anni sarà un gioco da ragazzi grazie alla predizione fondata sulla genetica Lo stesso Boncinelli cerca di salvare il salvabile dei test del Dna con tre consigli: 1) Informarsi bene su quali sono utili e quali inutili. 2) Fra i test utili farsi consigliare quale fare è magari rifare dove e come. 3) Non leggere mai da soli i risultati dei test, ma farseli spiegare da chi ne capisce, di solito un genetista medico.
Dopo il medico di fiducia si annuncia l’era del genetista di fiducia. Fioriranno nuove professioni, nuovi bisogni sbocceranno e sotto un’altra forma riprenderà magari slancio il formidabile progetto riassumibile nelle parole di Don Verzé: “La genomica e la proteomica [sic!] ci pongono ormai nella condizione di prevedere fin dal nostro embrione che cosa andrà succedendo nelle fasi del nostro evolvere infantile, giovanile, maturo”?
Puro delirio, come attestano anche i dati che arrivano dall’America, Non ci voleva molto per capirlo, ma se aspettavamo i nostri scienziati ancora staremmo agli applausi oceanici, ai cappelli scagliati contro: il cielo in segno di giubilo. Del resto non è detto affatto che ci siamo ormai tirati fuori da una tale atmosfera. Avranno da arrivarcene ancora, di avvertimenti dall’America, prima che ci decidiamo a metterci un frego sopra.