(trascrizione del video pubblicato QUI canale Youtube Pandora Tv)
di Diego Fusaro
Stringo fra le mani un testo di Umberto Eco, intitolato Il fascismo eterno, che è il frutto di una conferenza che il filosofo alessandrino tenne il 25 Aprile 1995 alla Columbia University. E’ un testo breve ma intenso, che può essere considerato a ragion veduta il manifesto ideologico dell’antifascismo permanente come ideologia odierna di santificazione del rapporto di forza capitalistico.
Preciso subito che l’antifascismo fu una cosa seria in presenza di fascismo. L’antifascismo di Antonio Gramsci, di Gobetti, persone che diedero la vita in nome dell’ideale a cui credevano e che diedero la vita per lottare contro il fascismo. L’antifascismo di Gramsci era un antifascismo di tipo patriottico o anticapitalistico. Oggi l’antifascismo, in assenza totale di fascismo, diventa invece una ideologia di legittimazione del rapporto di forza capitalistico oltre che una risorsa di legittimazione delle sinistre che usano l’antifascismo in assenza di fascismo per abbandonare l’anticapitalismo in presenza di capitalismo e quindi tengono in vita la lotta contro un nemico che non è più per non dover più combattere il nemico vivo al quale hanno ormai venduto anima e corpo.
Il testo di Umberto Eco è interessante perché individua per sua stessa ammissione l’esistenza di un urfascismo, una sorta di fascismo ideale ed eterno che si annida come possibilità nell’animo umano e che non ha una sua precisa genesi o valenza storica, quale fu invece quella del fascismo, che ebbe una sua data di nascita, una sua precisa storicità e che poi terminò nel 1945. Non voglio qui parlare del neofascismo post 1945 che in realtà non fu altro che una sorta di misera ideologia di completamento dell’atlantismo in funzione antisovietica.
Il fascismo dunque fu un periodo storico. Umberto Eco lo ipostatizza in una sorta di ideale eterno, per cui già presso gli antichi greci era presente il seme del fascismo ancorchè non si fosse manifestato espressamente. Una sorta di categoria eterna dello spirito umano, il fascismo, contro la quale occorre combattere quotidianamente perché sempre in agguato, come Eco scrive a più riprese. Occorre dunque mobilitarsi in maniera permanente contro il fascismo.
Il libro racconta anche vicende personali di Eco, che partecipò in prima fila nella sua gioventù alle vicende del fascismo. Esordisce raccontando di quando all’età di dieci anni, nel 1942, vinse il premio dei ludi juveniles, concorso per i giovani fascisti italiani.
Il testo di Eco, a mio giudizio, oltre ad avere una considerazione alquanto sommaria del fascismo, liquidato come semplice dittatura e come semplice espressione della violenza, cosa che anche fu naturalmente; ma dire che il fascismo fu solo quello è l’equivalente del dire che l’Unione sovietica fu solo il gulag o l’equivalente del dire che il Medioevo fu solo la Crociata. E’ una visione che in parte coglie nel segno ma evidentemente riduttiva.
Ad ogni modo questo testo, diventato una sorta di bibbia scolastica dell’antifascismo militante in assenza di fascismo, finisce per essere anche nelle parole, oltre che nello spirito di Umberto Eco una grandiosa legittimazione della società di mercato americanocentrica contemporanea. Basti pensare che il libro si chiude con una citazione di Roosevelt dove si dice: «Oso dire che se la democrazia americana cessasse di progredire come una forza viva allora tornerebbe il fascismo». In altri termini: accettiamo la visione americana del mondo, accettiamo l’americanizzazione del mondo, accettiamo il rapporto di forza capitalistico a base atlantista perché è la sola via per evitare il ritorno dei fascismo.
Viene qui riproposta da Eco la grande ideologia oggi dominante in accordo con la quale vi è una democrazia di mercato buona, che deve essere tutelata e difesa, e tutto ciò che non coincide con essa viene immediatamente, sic et simpliciter, identificato con il ritorno del fascismo. O meglio, con l’emersione dell’urfascismo, dove peraltro Eco in alcune pagine alquanto discutibili abbina tra loro, secondo una moda oggi particolarmente in auge, il fascismo e lo stalinismo, identificandole come due diverse espressioni della medesima tendenza dell’urfascismo, della pulsione totalitaria e dittatoriale.
Questa è una grande narrazione ideologica in forza della quale viene daccapo santificata l’ideologia capitalistica, classista, identificata – non si sa poi perché – con la democrazia, ancorché vi sia ancora poco di democratico nell’odierno paesaggio di seducente illibertà capitalistica, e viene condannato come fascismo, sia come emersione dell’urfascismo che si traduce in essere di tutto ciò che possa essere alternativo rispetto a questa società capitalistica globalizzata.
Ecco quindi che questo testo, che ha sicuramente il pregio di indurci a riflettere, di indurci a ripensare la nostra storia, ha una valenza squisitamente ideologica di giustificazione del capitalismo globalizzato in assenza di fascismo. Ecco perché questo testo può essere fecondamente letto come il manifesto programmatico dell’oggi in voga ideologia dell’antifascismo in assenza di fascismo con annessa glorificazione integrale del capitalismo come nuovo totalitarismo glamour dei mercati, identificato però enigmaticamente con la democrazia realizzata.