di Massimo Introvigne
Il Papa partendo per la Baviera ha ricevuto a Roma i vescovi canadesi dell’Ontario, un paese dove molti parlamentari cattolici si stanno battendo con grande coraggio per liberarsi della legge sul matrimonio omosessuale lasciata in eredità al nuovo governo conservatore (che ha vinto le elezioni proprio insistendo su questo tema) dal precedente esecutivo socialista. Eppure, Benedetto XVI ha pronunciato un discorso di rara durezza sulle gravi responsabilità dei politici cattolici che hanno “escluso Dio dalla vita politica”, “sacrificando l’unità della fede” a ragioni di schieramento partitico.
Benedetto XVI ha pubblicato una sola enciclica ma molti suoi discorsi sono densi come encicliche. È il caso di questo ai vescovi canadesi, dove il Papa proclama che «il Regno di Dio che » non può affermarsi dove che «Dio è escluso dalla sfera pubblica» che Tolleranza e libertà sono valori all’origine cristiani, ma che «separati dalle loro radici morali e dal loro pieno significato che si trova in Cristo si sono sviluppati in un modo molto preoccupante che ».
«Nel nome della “tolleranza” si deve sopportare la follia della ridefinizione della parola coniuge», includendo il partner omosessuale, e «nel nome della “libertà di scelta” si assiste alla distruzione quotidiana dei bambini non nati», attraverso l’aborto e la sperimentazione sugli embrioni. La stessa libertà, curiosamente, è dimenticata quando si tratta delle scuole cattoliche.
Il Pontefice ha cura di rispondere all’obiezione, così corrente tra i “cattolici adulti” alla Prodi, secondo cui i cattolici non potrebbero imporre i loro valori agli altri. Niente affatto, replica Benedetto XVI: «Con il matrimonio degli omosessuali, la distruzione degli embrioni e il centralismo che discrimina le scuole non statali si assiste alla “disintegrazione della ragione e dei principi della natura umana»,che valgono per tutti, credenti e non credenti.
Richiamando alla «verità sulla natura umana» la Chiesa non nega la democrazia ma la salva: infatti, «la democrazia ha successo solo quando è basata sulla verità e su una corretta comprensione della persona umana». Il Papa non chiede teocrazie all’iraniana: è giusto che le scelte parlamentari non siano dedotte direttamente dalla fede: ma neppure possono essere “autonome dalla morale”.
Diversamente, i politici promuovono, anziché – come dovrebbero – ostacolare, la distruzione della nostra civiltà e dei suoi valori, sostituiti da «quel relativismo che, non riconoscendo nulla come definitivo, lascia come ultimo criterio solo l’io con i suoi desideri». E la difesa della civiltà è compito, insiste il Papa, non solo della cultura cattolica ma della cultura in genere.
Su famiglia, scuola, vita (i tre valori che il Papa richiama sempre come criterio per giudicare i politici) i cattolici dell’Unione non hanno precisamente la coscienza a posto. Hanno sottoscritto un programma ambiguo, che comincia a dare i suoi frutti avvelenati. Naturalmente, il discorso vale anche per la Casa delle Libertà. Denunciare le deviazioni dei cattolici dell’Unione significa anche combattere consapevolmente quella battaglia di civiltà cui il Papa non richiama solo i credenti.