La Nuova Bussola Quotidiana 9 settembre 2013
di Gianni Fochi
Giorni fa sul Corriere della Sera Elisabetta Curzel esaltava «un passo avanti verso un pianeta meno “chimico”». Questa sorta di slogan trionfalistico veniva ripreso nel titolo dell’articolo. Riuniti in una conferenza dell’ONU, centosessanta paesi hanno deciso di bandire «gli Hbcd». I presidenti di Stati Uniti e Cina hanno invece firmato un trattato per ridurre l’uso degli HFC.
A beneficio dei suoi lettori, La Nuova Bussola Quotidiana tiene a spiegare queste due sigle, e il maggior quotidiano nazionale avrebbe fatto bene a fare altrettanto. Per la prima non è il caso d’usare l’articolo plurale, perché HBCD non sta per una classe di sostanze, ma per una sostanza singola e precisa: l’esabromo-ciclododecano (hexabromocyclododecane), la cui molecola è un anello formato da dodici atomi di carbonio, sei dei quali sono legati chimicamente ciascuno a due atomi d’idrogeno, gli altri sei invece a un atomo d’idrogeno e uno di bromo.
Come altri ritardanti di fiamma bromurati, l’HBCD viene aggiunto ad alcune materie plastiche perché non piglino fuoco. Tipico è il suo impiego nelle schiume di polistirene (o polistirolo) espanso, ben note a tutti perché diffusissime come imballaggi, nelle quali esso si trova allo 0,7 per cento. La sua produzione mondiale annua è arrivata in tempi recenti a circa ventottomila tonnellate, vendute soprattutto in Europa e in Cina.
È da tempo che l’HBCD si trova sotto osservazione come nocivo all’uomo e all’ambiente, e in questo senso la sua eliminazione può avere fondamenti seri. Non dimentichiamo tuttavia che dire no a qualcosa non risolve, in molti casi, il problema nel suo insieme. O meglio: forse risolve un problema, ma ne crea altri più gravi e immediati. Spiace dirlo, ma da questo tipo di riflessione sono in genere ben lungi i principali movimenti ambientalisti. Si battono per eliminare qualcosa, magari avendo ragione almeno in parte, ma non si pongono nemmeno la domanda: se togliamo questo qualcosa, che cosa succede? Quali sono le alternative?
L’odio nei confronti della chimica porta a sognare un mondo «meno chimico», come se al mondo esistesse qualche sostanza materiale non chimica. Noi stessi siamo fatti di chimica, naturalmente per la nostra parte corporea. Se queste righe vengono scritte, è perché nel cervello del loro autore stanno avvenendo reazioni chimiche fra sostanze appunto chimiche. Se state leggendo, anche nel cervello vostro avviene tutto un gioco chimico, altrimenti non potreste vedere, leggere, capire il senso di ciò che è scritto. Il Creatore ha disposto che la natura funzioni e viva chimicamente.
Oltre che illusorio, il sogno d’un mondo «meno chimico» può essere pericolosissimo. Nel mio libro “Il segreto della chimica” (TEA) faccio un esempio di sostanze sostitutive che possono avere conseguenze assai peggiori di quelle che con un bando si sono volute evitare. Negl’imballaggi suddetti, gli altri ritardanti di fiamma pronti per la produzione e l’uso sono assai meno efficaci dell’HBCD, con la conseguenza che il loro dosaggio deve esser maggiore: dunque non sembrano convenienti né economicamente né ecologicamente. D’altra parte, si può forse pensare di non mettere additivi capaci di ridurre l’infiammabilità di materiali che permeano il mondo in cui viviamo?
Quanto poi agli HFC, sigla della classe di sostanze chimiche note come idrofluorocarburi (hydrofluorocarbons), essi sono stati introdotti nell’uso al posto dei CFC (chorofluorocarbons, clorofluorocarburi). Già largamente impiegati come fluidi nei frigoriferi, come gas rigonfianti nelle materie plastiche espanse e come propellenti nelle bombolette a spruzzo, i CFC furono banditi in seguito al protocollo di Montreal del 1987, perché ritenuti responsabili del buco nell’ozono stratosferico.
Dall’articolo del Corriere apprendiamo che con gli HFC il problema sembra stare non in qualcosa d’analogo, ma nell’aumento che, al pari dei loro predecessori CFC, essi provocano nell’effetto serra, cioè nel riscaldamento globale. Qui ci cascano davvero le braccia: eliminiamo anche gli HFC, per contrastare una loro responsabilità in un clima più caldo di frazioni di grado, ma con cosa li sostituiamo? Forse per gl’impianti frigoriferi dovremo tornare alla vecchia ammoniaca, già sostituita perché nociva.
E per le bombolette a spruzzo? Funzionano bene anche alcuni idrocarburi gassosi, che però sono altamente infiammabili e con l’aria danno luogo a miscele esplosive. Chi si troverà a subirne le conseguenze sperimenterà purtroppo un riscaldamento ben superiore, finendo — ahimè! — arrostito.