Dal sito: Il Cammino dei Tre Sentieri 21 Febbraio 2019
Una premessa: le cose che diremo ora sono a servizio di un dibattito su una questione aperta ed estremamente delicata, che -ahinoi!- in questi travagliati tempi deve essere affrontata.
E’ inutile dire che tutte le cose che diremo e le riflessioni che accoglieremo devono essere solo per amore alla Santa Chiesa Cattolica.
Casi di papi eretici
Iniziamo con le celebri parole di san Vincenzo da Lerino (V secolo): “Ci sono papi che Dio li dona, ci sono papi che Dio li tollera e ci sono papi che Dio li infligge.” Dunque, non tutti i papi sono uguali; ma non solo: ci possono essere dei papi che non rientrano nel disegno di Dio, ma la cui elezione è permessa da Dio o per castigo oppure per provare la fede dei cattolici.
Detto questo, chiediamoci: ci sono stati dei papi eretici nel corso della storia? La risposta è affermativa.
Un caso celebre è quello di papa Onorio (625-640), il quale fu anatemizzato, per aver favorito l’eresia monotelita, da due successori, sant’Agatone (678-681) e da san Leone II (682-684), in occasione del Terzo Concilio di Costantinopoli del 681.
Nel medioevo non si dubitava della possibilità di un papa eretico
Dal XII al XVI secolo i teologi hanno comunemente ritenuto che il Papa potesse cadere nell’eresia.
Nel XII secolo Graziano (1075/80 – 1145/47) nel suo Decreto dice che il Papa non può essere giudicato da nessuno, salvo nel caso in cui si allontanasse dalla fede. Dunque, questa possibilità dell’allontanamento dalla fede era da lui contemplata.
Le cinque tesi sulla questione del papa eretico
Sono cinque le tesi più importanti riguardanti la questione del “papa eretico”. Le elenchiamo:
1) Il Papa come Papa non può cadere in eresia formale, mentre può favorire l’eresia o cadere in eresia materiale come dottore privato oppure come Papa, ma solo nel Magistero non definitorio, non obbligante e quindi non infallibile. La conseguenza è che il Papa non perde il Pontificato a causa della sua eresia, in quanto non formale. Sostenitori: Alberto Pighi (1490-15429, San Roberto Bellarmino (1542-1621), Francesco Suarez (1548-1617)
2) Cadendo nell’eresia, anche puramente interna, il Papa perderebbe il suo ufficio, poiché tra eresia e giurisdizione ci sarebbe incompatibilità assoluta. Sostenitori: Torquemada (1420-1498)
3) Il Papa, anche se cadesse nell’eresia, non perderebbe il suo ufficio. Ma i fedeli non devono rimanere passivi. Essi devono manifestare al Papa i suoi errori affinché si possa correggere. Non lo si può però dichiarare “depositus” (deposto) né “deponendus” (da deporre). Sostenitori: Bouix (1808-1870)
4) Il Papa eretico non è deposto ipso facto, ma può essere deposto dalla Chiesa previa dichiarazione. La dichiarazione deve essere fatta da parte dell’Episcopato o del Collegio cardinalizio. Si tratta però di una dichiarazione che non sarebbe una deposizione giuridica (per evitare di cadere nel conciliarismo). Renderebbe però evidente il fatto che Cristo abbia ritirato il Pontificato al Papa, il quale sarebbe decaduto più che deposto giuridicamente. Sostenitori: Tommaso de Vio (detto il Gaetano) (1469-1534), Suarez (1548-1617), Giovanni di san Tommaso (1589-1644).
5) Il Papa come tale e non come dottore privato non può cadere in eresia. Se ciò dovesse accadere, il Papa perderebbe ipso facto la sua autorità. Sostenitori: San Roberto Bellarmino (1542-1622), Melchior Cano (1509-1560), Luois Billot (1846-1931)
La tesi che ci sembra più convincente
Adesso vi diciamo (ovviamente con molta umiltà) qual è la tesi che ci sembra più convincente:
Il Papa, anche se occasionalmente eretico, non perde la sua legittimità a meno che non voglia esplicitamente coinvolgere, in maniera solenne e chiara, l’infallibilità per affermare l’eresia.
Si tratta di una tesi che sembra essere simile, se non addirittura identica, a qualcuna sopra elencata. In realtà c’è una differenza ed è relativamente alla modalità di pronunciamento dell’eresia.
Ecco i motivi che ci sembra attestino una tesi del genere:
Evita qualsiasi deriva “conciliarista” più o meno moderata (poi vedremo meglio casa significa “conciliarismo moderato”).
Evidenzia la somma sacralità dell’autorità del Papa, che è quella più alta che ci sia sulla terra.
Conferma il Vangelo. Pietro, pur essendo già “Pietro”, si comportò da “Simone” rinnegando Gesù per tre volte. Errore che non fu solo di comportamento, ma anche di pronunciamento. Egli infatti disse di non conoscere Gesù.
Conferma anche il disegno di Dio che ha impresso nel creato. Pensiamo alla famiglia: quando un padre è indegno e dovesse insegnare cose non vere e non educative, rimane pur sempre padre. E se venisse a mancare, per incapacità o per assenza, la Provvidenza agirebbe e supplirebbe.
Dà ragione -indirettamente- a chi afferma che il Papa non possa mai affermare eresie, nel senso che riconosce un limite invalicabile che Dio non potrebbe mai permettere, ovvero il pronunciamento solenne dell’eresia. Dall’altro indica che tale limite non riguarda qualsiasi pronunciamento magisteriale e qualsiasi convinzione.
La questione dell’eventuale deposizione
Va detto subito che il Papa non può essere deposto da nessuno, ma potrebbe essere giudicato per eresia. Vediamo perché.
Solo il superiore può deporre un inferiore, perciò nessuno può deporre il Papa (“la prima Sede non può essere giudicata da nessuno”).
Il Papa può deporre un vescovo, così un vescovo può deporre un prete. Ma nessuno può deporre un Papa.
Non si può nemmeno usare violenza contro un prelato, come invece è lecito, in casi estremi (extrema ratio), per il tiranno temporale.
Si può giudicare un papa come eretico nel momento in cui dovesse cadere nell’eresia, ma nessuno può deporre un papa.
A proposito della possibilità di giudicare il Papa, Innocenzo III disse in un suo sermone: “(…) la fede mi è talmente necessaria che, se solo Dio mi può giudicare dei miei altri peccati, per il peccato contro la fede e per questo solo, la Chiesa potrebbe giudicarmi.”
La questione dell’intervento dello Spirito Santo nel Conclave
Lo Spirito Santo certamente agisce nei conclavi. Ma in che senso? Nel senso che è Lui a scegliere? O nel senso che chi viene eletto è necessariamente colui che è stato scelto da Dio?
Lo Spirito Santo agisce e consiglia nei conclavi, ma poi spetta agli elettori corrispondere alle mozioni dello Spirito. Se questa corrispondenza non c’è, è evidente che il risultato non è quello voluto da Dio. Ovviamente anche in questo caso colui che viene eletto validamente riceverà poi da Dio stesso tutti gli aiuti possibili per degnamente esercitare la sua autorità.
A riguardo riportiamo ciò che il cardinale Joseph Ratzinger disse nel 1997 rispondendo ad una domanda “E’ lo Spirito Santo il responsabile dell’elezione del Papa?”. Ecco la risposta di Ratzinger: “Non direi così, nel senso che sia lo Spirito Santo a sceglierlo. Direi che lo Spirito Santo non prende esattamente il controllo della questione, ma piuttosto da quel buon educatore che è, ci lascia molto spazio, molta libertà, senza pienamente abbandonarci. Così che il ruolo dello Spirito dovrebbe essere inteso in un senso molto più elastico, non che egli detti il candidato per il quale uno debba votare. Probabilmente l’unica sicurezza che egli offre è che la cosa non possa essere totalmente rovinata. Ci sono troppi esempi di Papi che evidentemente lo Spirito Santo non avrebbe scelto.”
L’errore conciliarista
Il conciliarismo nacque con lo Scisma di Occidente (1377-1417).
Il conciliarismo si divide in radicale e moderato.
Il radicale afferma che un concilio ecumenico potrebbe essere superiore al Papa.
Il moderato afferma invece che il Papa è inferiore ad un concilio solo in caso di eresia e in tal modo potrebbe essere deposto da un concilio stesso.
Il conciliarismo è un errore perché la dottrina cattolica insegna che il Papa da solo ha il pieno potere di magistero. Inoltre, sempre la dottrina cattolica afferma che il Papa ha un potere monarchico sui vescovi.
Da qui la convinzione che è un errore non solo il conciliarismo radicale ma anche quello moderato.
L’attuale collegialità episcopale è una forma temperata di conciliarismo.
Si può correggere il Papa?
Molti credono che il Papa possa essere corretto solo privatamente e mai pubblicamente. In realtà non è così.
Ce ne dà conferma l’esempio di san Paolo (Lettera ai Galati 2,7-14): “(…) Visto che a me era stato affidato il Vangelo per i non circoncisi, come a Pietro per i circoncisi –poiché colui che aveva agito in Pietro per farne un apostolo dei circoncisi aveva agito anche in me per le genti- e riconoscendo la grazia a me data, Giacomo, Cefa e Giovanni, ritenuti le colonne, diedero a me e a Bàrnaba la destra in segno di comunione, perché noi andassimo tra le genti e loro tra i circoncisi. Ci pregarono soltanto di ricordarci dei poveri, ed è quello che mi sono preoccupato di fare. Ma quando Cefa venne ad Antiochia, mi opposi a lui a viso aperto perché evidentemente aveva torto. Infatti, prima che giungessero alcuni da parte di Giacomo, egli prendeva cibo insieme ai pagani; ma, dopo la loro venuta, cominciò ad evitarli a tenersi in disparte, per timore dei circoncisi. E anche gli altri Giudei lo imitarono nella simulazione, tanto che pure Barnaba si lasciò attirare nella loro ipocrisia. Ma quando vidi che non si comportavano rettamente secondo la verità del Vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: ‘Se tu, che sei Giudeo, vivi come i pagani e non alla maniera dei Giudei, come puoi costringere i pagani a vivere nella maniera dei Giudei?’.”
Pietro, per non mettersi contro i Giudei, favorì con il suo comportamento la posizione dei “giudeizzanti”, i quali credevano che a tutti i cristiani convertiti si dovesse applicare la circoncisione.
San Tommaso così commenta questo episodio: “(…) l’Apostolo contrastò Pietro nell’esercizio dell’autorità e non nell’autorità di governo.” E soprattutto dice a beneficio dei superiori e degli inferiori: “Ai prelati (f dato esempio) di umiltà, perché non rifiutino di accettare i richiami da parte dei loro inferiori e soggetti; e ai soggetti (fu dato) esempio di zelo e libertà, perché non temano di correggere i loro prelati, soprattutto quando la colpa è stata pubblica ed è ridondata in pericoli per molti.”
Ancora san Tommaso: “(…) essendovi un pericolo prossimo alla fede, i prelati devono essere ripresi, perfino pubblicamente, da parte dei loro soggetti.”
La correzione fraterna è obbligatoria.
Quando si tratta di inferiori rispetto a superiori, ovviamente la correzione deve avvenire con rispetto: “(…) i prelati non vanno corretti dai sudditi di fronte a tutti, ma umilmente, in privato, a meno che non incomba un pericolo per la fede; allora infatti il prelato diventerebbe minore, qualora scivolasse nell’infedeltà, e il suddito diventerebbe maggiore.”
La correzione deve essere privata se il peccato è privato, pubblica se il peccato è pubblico. Sempre san Tommaso dice: “(…) poiché san Pietro aveva peccato di fronte a tutti, doveva essere perseguito di fronte a tutti.”
Che fare nella situazione attuale?
Riteniamo importante consigliare sei cose:
Primo: bisogna riconoscere la crisi drammatica che sta attraversando la Chiesa.
Secondo: bisogna custodire la fede, coltivando per sé e insegnando agli altri quella di sempre.
Terzo: porre resistenza all’autorità dinanzi a tutte quelle direttive che dovessero ledere la Legge Divina.
Quarto: convincersi che i papi attuali sono papi legittimi, quindi vanno evitate derive sedevacantiste.
Quinto: non lasciarsi ingannare da soluzioni da “collegialità episcopale” o da riferimento esclusivo alla Tradizione, nel senso che queste possano di autorità risolvere la crisi.
Sesto: ricorrere alla preghiera e alla propria santificazione, strappando in tal modo la grazia al Signore affinché al più presto possa Lui risolvere la crisi.
Dio è Verità, Bontà e Bellezza
Il Cammino dei Tre Sentieri