Nell’ultimo saggio di Primo Siena riproposti 15 maestri del “politicamente scorretto”
Giuseppe Brienza
Siena collabora soprattutto in Argentina con la Fondazione culturale “Decus” di La Plata-Buenos Aires, che promuove da alcuni decenni un rilancio nel “Nuovo Mondo” della tradizionale accezione della “Metapolitica”, cioè metafisica applicata alla vita sociale al fine di superarne il “kaos” e ripristinarne l’originario ordine, alla scuola del filologo classico Carlos Alberto Disandro (1919-1994).
Siena nel suo volume da’ quindi luogo, come scrive nell’Introduzione, ad una ragionata ribellione «agl’idoli sconsacrati del momento e ai feticci della cultura dominante», mercé il dialogo con coloro che chiama «maestri del pensiero differente» e «uomini dal fermo carattere».
Il volume riassume così le esperienze culturali ed umane dello scrittore con personaggi, italiani e stranieri, di grande spessore intellettuale ma non molto conosciuto dal grande pubblico come ad esempio i filosofi Michele F. Sciacca e Marino Gentile, il germanista suo principale maestro Guido Manacorda, il letterato e critico romeno Vintila Horia, i pensatori tradizionalisti Attilio Mordini e Silvano Panunzio ed, infine, l’«Italiano scomodo» per antonomasia, come lo definisce Siena, Giovanni Papini.
Le pagine dedicate da Siena a Marino Gentile risultano molto documentate, conducendo in particolare una disamina del suo “spiritualismo cristiano” fondato dal punto di vista teoretico, del quale Gentile rappresenta, nel panorama del pensiero italiano del secolo scorso, una delle figure più importanti.
Decisamente personali risultano le pagine riservate dall’Autore ad Attilio Mordini e a Silvano Panunzio, che gli hanno aperto «orizzonti suggestivi della meta politica» col suggerimento a «percorrerne gli erti sentieri».
Non meno sentiti si presentano gli accenti dedicati, rispettivamente, al pensatore Michele Federico Sciacca ed al germanista Guido Manacorda, il primo sostenitore di un’originale forma della «interiorità dell’essere integrale» e demolitore, altresì, «dell’immanentismo, dell’ateismo, del materialismo e del panteismo cattomarxista», il secondo nemico di ogni forma collettivistica di oppressione ed autore di saggi fra i quali, “Il bolscevismo”, nel quale esplicita una «radicale opposizione del comunismo sovietico alla civiltà italiana e romana sia sotto il profilo della morale e della politica come dell’economia e dell’arte».
L’analisi più originale nel libro è quella dedicata al sofferto itinerario di Giovanni Papini, da lui definito scomodo perché irriducibilmente «anticonformista e polemista inarrestabile», critico pungente e severo fustigatore dei costumi e della cultura del suo tempo. Dello scrittore fiorentino Siena riprende in particolare le pagine “speculative”, frutto delle sue indagini sul pragmatismo, delle quali resta in particolare il testo “Crepuscolo dei filosofi”, del 1906.
Papini e gli altri scrittori passati al vaglio da Siena hanno in comune una visione metapolitica del mondo e della vita, che li fanno apparire altrettanti confessori di un “pensiero forte”. Solo quest’ultimo, nell’attuale “dittatura del relativismo”, permetterebbe ad avviso dell’autore di riscattare il vigore essenziale di una cultura “politicamente scorretta” all’insegna di un rinnovato e necessario “realismo metafisico”.