Costanza Miriano racconta com’è nato il suo secondo libro “Sposala e muori per lei”
di Paola de Groot
Dopo il suo primo successo editoriale c’era grande attesa per questo suo secondo lavoro. Si pensava che potesse essere un libro destinato agli uomini e al loro ruolo all’interno del matrimonio e della famiglia, ma anche questo volume sembra destinato alle donne…
Costanza Miriano: Ebbene sì, la verità è che come donna non conosco il linguaggio degli uomini, non so come fare arrivare il messaggio a parole. Ma quello che posso fare è suggerire alle donne un comportamento che possa arrivare al cuore dell’uomo. Non sono trucchi o tattiche ma la scelta cosciente e sincera di una diversa propensione d’animo verso il proprio marito. Un atteggiamento di grande rispetto e accoglienza, di docilità. Ho visto molte donne scegliere strade diverse, inerpicarsi in sentieri di dominio e uguaglianza falsamente intesa, con il risultato che non sono felici. La Chiesa, invece, ci insegna che la strada la troviamo già descritta nella Bibbia e che la felicità è nella profonda ragionevolezza di questa scelta. Chi ci ha provato ne è rimasta soddisfatta: funziona veramente.
Allora qual è la specificità che caratterizza questo suo secondo lavoro?
Costanza Miriano: Mentre nel primo ho cercato di riflettere sull’identità femminile, in questo secondo libro tento (coi limiti dovuti al fatto che sono una donna e quindi appartenente ad un’altra specie…), di fare una riflessione sull’identità maschile e quindi su come a noi piacerebbe che fossero i nostri mariti, sia come padri che al lavoro, ad esempio. Ci sono capitoli sull’autorevolezza paterna; sull’uomo, in un certa maniera, cacciatore; sull’uomo al lavoro non vissuto come idolo. In particolare su come la donna possa aiutare un uomo ad essere veramente un uomo: ecco questa credo sia la novità rispetto al primo libro. In sintesi: sul primo come posso essere più donna io, nel secondo non come deve essere mio marito, perché non è mio compito stabilirlo, ma come posso aiutarlo o molto spesso come fare per non ostacolarlo nel compimento della sua identità maschile.
Che tipo di padre è quello che “morirebbe” per la madre dei suoi figli?
Costanza Miriano: E’ un uomo convertito cioè un uomo che è riuscito ad uscire dal proprio egoismo e che può dare la vita per l’altro. La donna può aiutare questo processo di conversione non con le parole (l’uomo e la donna parlano due linguaggio troppo diversi!), ma seguendo la propria vocazione che è quella di tirare fuori il meglio dall’altro. Non è una questione di superiorità spirituale: sono semplicemente due diversi tipi di vocazione. Vedo già molti mariti che fanno un vero e proprio lavoro di manovalanza in seno alla coppia, il lavoro più silenzioso, quello della fedeltà e della costanza.
Sembra che ci sia una relazione stretta tra questo morire e l’autorevolezza verso i figli: ce la può spiegare?
Costanza Miriano: Si tratta di un uomo totalmente realizzato che sa che la sua felicità sta nel perdere la sua vita per l’altro. Da qui nasce la sua autorevolezza: non deve comandare o picchiare per farsi ubbidire dai figli ma è capace di dire un no, di mostrare un muro dove la madre cercherebbe ancora una porta. Questa sua capacità deve essere sostenuta dalla moglie che lo rispetta e che non lo contraddice o ridicolizza davanti ai figli.
Lei ha sempre sostenuto la necessità della distinzione tra i ruoli tra coniugi. Il punto è che oggi pressoché tutte le mamme lavorano: davvero non è credibile, a suo avviso, l’idea di un papà che prepara le pappe ai figli, che cambia loro i pannolini, ecc.? Che tipo di consigli dà, in tal senso, nel suo libro?
Costanza Miriano: Non bisogna vedere la questione in maniera così meccanica. Il punto è uscire dalla logica di dominio, della divisione dei compiti intesa come obbligo e pretesa. Certo che il padre aiuterà la madre, ma la donna deve smettere di pretendere che tutto venga fatto come dice lei. L’uomo aiuterà volentieri la moglie se riceverà carta bianca, se potrà fare alla sua maniera senza il timore si essere criticato o compatito. Credo pure che ci siano compiti per i quali la donna è più portata a fare con naturalezza.
Farsi aiutare da qualcuno è possibile ma lei scrive anche di un uso non indiscriminato dei nonni: in che misura è giusto il loro intervento?
Costanza Miriano: Naturalmente la figura dei nonni è importante ed è un rapporto speciale quello che hanno con i nipoti. La presenza dei nonni non deve però sostituire quella dei genitori: un figlio è un’occasione unica di conversione, quindi demandare tutto a qualcun altro per facilitarti le cose non è sempre la scelta più saggia. La presenza molto preponderante dei nonni porta con sé anche il rischio di dover far compromessi sul tipo di educazione da parte dei genitori per non parlare di quei casi in cui addirittura i nonni si intromettono nel rapporto di coppia. Trovo comunque strano che spesso i bambini vengano concepiti come qualcosa di talmente devastante e invadente da dover essere condiviso con altri per sopportarne il peso: probabilmente è un effetto collaterale del fatto che la loro nascita è stata pianificata nei minimi dettagli e ha perso la forza dell’evento naturale.
Col primo libro ha dimostrato che il matrimonio non è la tomba dell’amore: può però un figlio essere la tomba del matrimonio?
Costanza Miriano: Quando è vissuto in questa maniera, come il centro del mondo, acquista veramente un peso abnorme. Ho raccolto la confessione di uomini che si lamentavano di essere stati messi in secondo ordine dalla moglie quando è nato il primo figlio. A questo si può rimediare: è la donna che deve riconquistare la sua dimensione di moglie e ricominciare a dare tempo e attenzione al marito. In questo frangente vorrei citare anche l’importanza della cura del corpo: il fatto di avere bambini piccoli e poco tempo non dovrebbe essere una ragione per presentarsi sciatta al proprio marito.
Chi è Gudbrando? O meglio chi è sua moglie?
Costanza Miriano: Quando vado alle presentazioni racconto spesso questa storiella di Gudbrando perchè è un esempio molto pratico che resta in mente. È la storia di un pregiudizio positivo della moglie nei riguardi del marito, quindi qualunque cosa faccia quest’ultimo, lei lo giudica positivamente, parte dal principio che quello fa sia buono: questo scardina la logica della contrapposizione tra i coniugi, la moglie si allea col marito e per principio vuole combattere insieme a lui e non criticarlo. Questa storia viene anche riportata nel libro. Mi hanno raccontato che ha aiutato molte coppie e quando si comincia ad applicarlo funziona veramente. Addirittura qualche donna che aveva già fatto le carte per il divorzio, le ha ritirate perché ha provato questo nuovo atteggiamento che innesta un circolo virtuoso: più un uomo si sente approvato e più diventa buono e smette di fuggire. Aumenta anche il suo senso di responsabilità, perché sa che sarà ascoltato anche dai figli. Se si fa quello che ha detto il babbo perché l’ha detto lui allora il padre è più stimolato a riflettere bene prima di parlare e a parlare sempre nell’ottica del dono.
Quasi a sottolineare ed accentuare questa indole di manuale prezioso, ricco di spunti di riflessione per la vita di coppia e per far sì che le intenzioni si trasformino velocemente in atteggiamenti concreti, alla fine di ogni capitolo ha inserito un piccolo regalo che la donna può fare all’uomo…
Costanza Miriano: Come spiego nell’introduzione noi donne comunichiamo con le parole, gli uomini con gesti concreti. Alla fine di ogni capitolo, quindi, ho messo un regalo, che può essere un oggetto o semplicemente il piatto preferito, cioè un segno concreto del nuovo atteggiamento che la donna vuole adottare o che chiede a suo marito. Cose o oggetti che siano dei promemoria, perché per l’uomo le parole sono molto meno importanti che per noi.
Nel capitolo 7, Lei afferma che vale comunque la pena sposarsi e ribadisce poi nel capitolo 10: “anche nel matrimonio, strano ma vero, bisogna mettere l’amore al primo posto”…
Costanza Miriano: Sì, dobbiamo comunque chiarire che cos’è l’amore, visto che siamo tutti più o meno intrisi di una visione piuttosto romantica ed emozionale. Il matrimonio è una via di conversione, come un monaco obbedisce al suo abate e alla regola, una moglie si converte in questa obbedienza al proprio marito. E quest’ultimo come può resistere ad una moglie che lo ama senza riserve? Senza mettere paletti, senza esigere? Molte volte la pesantezza che imputiamo al matrimonio riguarda in realtà tutta la nostra vita. A cominciare dalla gestione del tempo: quando voglio ritagliarmi il mio spazio, cresce in me lo stress. Voglio sostituirmi a Dio per poter gestire completamente la mia giornata e così, ogni imprevisto, ogni scomodità diventano un disastro. Anche la casa diventa un proprio spazio: tutto deve essere perfetto, tutto deve andare come voglio io. Ogni mancanza del proprio marito diventa intollerabile. Le giornate migliori sono invece quelle nelle quali ci affidiamo a Dio, ci facciamo figli fiduciosi e ci abbandoniamo al Suo volere, accogliendo docilmente gli avvenimenti della giornata.
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Sposala e muori per lei. Uomini veri per donne senza paura di Miriano Costanza