Il Timone n.187 Settembre 2019
Con una forma di terrorismo intellettuale si è inoculato il virus del senso di colpa per tutto ciò che rappresenta la nostra storia e la nostra cultura. Fede cattolica compresa. Siamo governati, dice il politologo francese Del Valle, dal MeWorld, il nuovo imperialismo globalista
di Lorenza Formicola
Alexandre Del Valle è un politologo, saggista e giornalista francese di origini italiane, esperto di geopolitica e Medio Oriente. Personaggio noto non solo in Francia, ma in tutto l’Occidente. È un autore che non ha timore di andare controcorrente. Il Timone lo ha incontrato per discutere del grande ricatto del pensiero imposto dai discepoli del politicamente corretto per imbavagliare chi denuncia la realtà dell’islamizzazione, del mondialismo e del complesso occidentale.
Del Valle, che cos’è la depressione collettiva di cui soffre l’Occidente?
«Oggi l’Occidente odia se stesso, ha smesso di combattere perché ha mortificato ogni forma di speranza e, non smettendo di criticarsi, demonizza la sua storia, la sua civiltà, la sua fede. È questa la patologia sociale mortale – la “depressione collettiva” – di cui è affetto e che, attraverso la colpevolizzazione, ha prodotto un’ideologia di depressione in funzione etno-masochista. Da questo punto di vista i nostri peggiori nemici non sono l’islam, il marxismo, le forze mondialiste oppure la Cina, ma il nostro senso di colpa che ci spinge a non difenderci contro l’islamismo radicale, l’immigrazione di massa e il consumismo anglosassone voluto dalle grandi multinazionali anti-Stato. La depressione collettiva si traduce anche nel rifiuto di fare figli: uccidendo la speranza abbiamo abbassato la guardia. Consumismo e marxismo culturale si sono fusi per colpevolizzare chiunque difenda le frontiere, la propria cultura e la propria civiltà. Purtroppo negli ultimi anni c’è una parte della Chiesa cattolica che sembra fare lo stesso gioco».
La costruzione dell’Europa nella sua versione multiculturalista e post-cristiana non è altro che una parte dell’entità “McWorld”, come l’ha denominata Benjamin Barber. Di cosa parliamo?
«Il sociologo americano Benjamin Barber denomina il consumismo imperialista “McWorld” (il mondo del McDonald’s e del Macintosh; di Google, Nike, Hollywood, Benetton, Facebook, ecc.) per definire il nuovo imperialismo soft occidentale. Quello anglofono, edonista e consumistico, fondamentalmente nemico dello Stato-Nazione, che sogna la creazione di una “sopra-società mondialista” e un “mercato universal” senza confini e senza barriere. Nel suo saggio Jihad us. McWorld (1996) – che mi ha molto ispirato – Barber dimostra che il McWorld, distruggendo le tradizioni cristiane e gli Stati sovrani europei, producendo un masochismo politico e Fanti-natalità strutturale con le teorie femministe e “gender” anti-famiglia, ha creato un vuoto pericoloso che rischia di essere “riempito” dal jihad. Il McWorld – che odia Trump come il Tea Party – è più che altro una torre di babele cosmopolita che si nutre dell’odio nei confronti delle nostre radici, dei valori culturali e religiosi».
Quali sono le tecniche psicologiche di cui si serve questo McWorld?
«Dedico una parte importante del mio ultimo saggio (Il complesso occidentale) al “terrorismo intellettuale del politicamente corretto”. Assistiamo a un pericoloso processo di distruzione semantica o “errorismo ideologico-psicologico” contro la civiltà cristiano-europea attraverso l’arma suprema della “DCR2”, o “Destruction of competitive representations”».
E cosa s’intende per «Destruction of competitive representations»?
«Distruggere l’immagine del nemico e indebolirlo utilizzando quattro armi. “D” come Demonizzazione: ciò spiega il fatto che molti occidentali credono di appartenere alla peggiore civiltà dell’umanità; “C” come Colpevolizzazione, che consiste nell’indebolire psicologicamente il nemico inoculandogli il virus dei “sensi di colpa”, rendendolo così eternamente debitore e sicuro di stare nel torto, costretto a una tolleranza che lo vede appoggiare l’immigrazione massiccia e l’islamizzazione e persino accettare di scomparire come civiltà; “R” come Rovesciare e Ribaltare al fine di odiare la propria storia, la propria religione e a credere che la vera legittimità sia dall’altra parte. Una ridicolizzazione che non è mai innocente. Il che ha prodotto il mito dell’esterofilia, del cosiddetto “debito scientifico e filosofico” dell’Occidente nei confronti dell’islam, quello del razzismo a senso unico, quello del Medioevo come “età delle tenebre”».
Perché l’Occidente con i suoi “intellettuali” ha inventato il virus dell’odio di sé?
«Si tratta della sintesi di un processo molto profondo. Non siamo nel bel mezzo di un “complotto”, ma di una convergenza tra diverse forze che intendono distruggere la nostra civiltà cristiana: la propaganda culturale dell’estrema sinistra, l’ideologia del consumo, l’influenza di una certa “nuova” chiesa post-conciliare, l’islamismo radicale. Per giustificare moralmente quest’autodistruzione occidentale e europea, la colpevolizzazione è concepita scientificamente per far in modo che l’uomo europeo sia talmente ubriaco di scrupoli e di sensi di colpa che preferisce, incoscientemente, dissolversi. Fu Leo Strauss il primo a parlare della “reductio ad Hitlerum” come strumentalizzazione, da parte della sinistra internazionale, che genera odio verso se stessi e identità liquida».
L’auto rinnegamento delle radici cristiane e l’esclusione dei politici cattolici sono alcuni dei frutti della deriva multiculturalista e terzomondista dell’Ue?
«Certamente! Ricordiamo tutti la bocciatura di Rocco Buttiglione quale commissario europeo perché vittima di una trappola dei verdi e della sinistra anti-cristiana che lo accusarono di omofobia per le sue posizioni sulla famiglia e l’omosessualità. Il McWorld vuole abbattere ogni forma di frontiera: nazionale, morale e sessuale. La Chiesa cattolica tradizionale era il più grande ostacolo a ciò e al marxismo anti-Dio. Per questo è stato deciso che andava necessariamente demonizzata e distrutta dall’interno. Obiettivo che pare raggiunto se si osserva un certo mondo ecclesiale che sembra di gran moda. Si è fatto influenzare dall’ideologia del Sessantotto».
È giusto definire il “politicamente corretto” come una “politica del linguaggio per non offendere o svantaggiare le minoranze”?
«Secondo me il “politicamente corretto” ha un’influenza decisiva sul nostro inconscio. La postura accusatoria condiziona la psiche, influisce sul funzionamento del suo cervello. Senza recupero dell’autostima non potremo sconfiggere il politicamente corretto. Queste fonti di disinformazione costituiscono dei veri e propri “imperi ideologici”».
Meglio parlare di terrorismo intellettuale?
«Sì, quest’espressione è giusta. Il terrore può nascere anche da idee presentate come belle, tolleranti, e giuste, come sanno fare benissimo i buonisti, sia d’estrema sinistra che di una certa Chiesa post-conciliare: maestri in colpevolizzazione. Siamo ormai bravissimi a odiarci e amare irrazionalmente l’altro».
Il politicamente corretto nasconde anche lo schiavismo arabo-musulmano e quello turco-ottomano? Che cosa ne pensa del mito del “debito occidentale” nei confronti della scienza araba?
«Oggi, nelle scuole europee nessun professore ricorda che i saraceni saccheggiarono Roma nell’846, quasi quattro secoli prima delle crociate. Così come nessun professore medio precisa che le crociate non furono una «aggressione» cristiana contro i «pacifici» arabi-musulmani, ma una reazione, arrivata tardi, dopo l’invasione della Spagna, della Francia (711-732), dopo la conquista della Sicilia (Vili secolo) e non solo.
L’uomo occidentale complessato è arrivato a mistificare la realtà ed è vittima anche del famoso «debito della nostra civiltà con quella arabo musulmana» del Medioevo. Come se loro ci avessero “civilizzato” portandoci la scienza e la filosofia greca da noi trascurate. Ma si mente molto al riguardo. Così come si vieta di menzionare l’industria schiavista dei Califfati arabo-musulmani e ottomani che, per secoli, hanno terrorizzato le coste del Mediterraneo e ridotto in schiavitù milioni di slavi, di latini e di neri-africani».