Il Corriere del Sud 15 Ottobre 2014
di Andrea Bartelloni
Nelle Sacre Scritture il miele si trova nominato molto spesso: dalla Palestina, che è citata come la terra dove scorre latte e miele (Esodo, III, 8), fino ad arrivare a San Giovanni Battista che si nutre di miele selvatico (Matteo, III,4). Anche nell’antico Egitto non mancano i riferimenti a questo prezioso alimento ricco di calorie come pure tra gli scrittori greci e romani. Il bacino del Mediterraneo, grazie al suo clima mite, era ed è particolarmente favorevole alla vita delle api che, sensibili alle basse temperature, garantivano una produzione di miele quasi ininterrotta.
È appunto in Europa che nasce l’apicultura moderna e che trova nei monasteri medioevali il luogo di rinascita e di crescita. Non solo il miele, unico dolcificante noto fino alla lavorazione della canna da zucchero, ma anche la cera che era fondamentale per l’illuminazione in particolar modo delle chiese e questo spiega anche perché tra i principali apicoltori si trovino in maggioranza degli ecclesiastici.
Tra questi Juraj Fándly (1750-1811), Štefan Závodník (1813 –1885), linguista, patriota, nella sua parrocchia si riunirono i primi apicoltori della Slovacchia e fondarono la “Società degli apicoltori slovacchi nell’Alta Ungheria”. Johann Dzierzon, (1811 – 1906), pioniere dell’apicultura, scoprì il fenomeno della partenogenesi nelle api divenendo famoso negli ambienti scientifici, fu riconosciuto come il padre della moderna apicoltura.
L’Abate Emile Warré (1867 – 1951), per 25 anni curato nella regione francese della Somme, mise a punto l’arnia del popolo, e il metodo di allevamento naturale delle api. L’arnia Warré venne poi riscoperta, rivalutata e giudicata da molti la più adatta a far prosperare le api e ad allevarle in maniera “biologica”. Don Giacomo Angeleri (1877-1957) fece da collegamento tra l’apicoltura del passato e quella di oggi ed è da considerarsi uno dei padri dell’apicoltura nazionale.
Karl Kehle (noto come Padre Adam) (1898 – 1996), monaco tedesco appartenente all’ordine benedettino per più di 60 anni responsabile dell’apicoltura all’Abbazia di Buckfast, nel Devon (GB). Creò l’ibrido ape di Buckfast, col quale sconfisse l’epidemia di acariosi che aveva portato alla scomparsa pressoché totale dell’ape nera britannica.
A questo lungo elenco di sacerdoti bisogna aggiungere il nome di Giotto Ulivi (1820-1892) che durante gli anni in cui era parroco a S. Andrea a Gricigliano, vicino Firenze, si dedicò allo studio delle api e della loro vita sia teoricamente che praticamente. Aveva a cuore in particolar modo l’istruzione dei contadini e inventò un’arnia molto innovativa e particolarmente economica, l’Arnia Giotto, presentata al secondo congresso apistico di Firenze nel 1874. Presidente e socio di molte società fu ricordato per aver dato molto a questa industria risollevandone le sorti e facendo così ridurre notevolmente le importazioni di cera e miele.
L’editore Angelini di Imola ripropone, in copia anastatica, il compendio di don Ulivi dedicato all’apicoltura razionale (Compendio Teorico-Pratico, Apicoltura razionale, compilato dal sac. Giotto Ulivi, Parroco a Gricigliano in Mugello) e curato, nell’edizione uscita nel dicembre del 2013, da Pier Carlo Tagliaferri. Tagliaferri ha arricchito il volume con un’appendice antologica di brani che hanno le api e il miele come soggetto e che va dalle Sacre Scritture ad autori greci e latini fino ad autori del ‘900.
Questo per indicare la grande importanza che il prodotto del lavoro delle api ha ed ha avuto nei secoli e che l’Ulivi descrive al “campagnolo agricoltore” al quale dedica il suo lavoro. Con precisione scientifica, nella prima parte, teorica, si sofferma sull’anatomia e la fisiologia delle api, la loro vita, i prodotti dell’alveare e le varie malattie al fine di “formare un cultore razionale di questi interessantissimi insetti i quali, oltre a una piacevole occupazione potranno pure offrirgli dolce companatico e lucrosa remunerazione delle sue fatiche, qualora eseguisca alla lettera quanto sono per fargli conoscere nella successiva parte pratica”.
Nella parte pratica inizia spingendo il contadino ad innovare in modo semplice ed economico ma che sarà per lui molto redditizio. Arnie, affumicatoi, telai, tutto funzionale a migliorare la produzione e descritto passo passo in modo perfetto. Un vero e proprio manuale di istruzioni per la costruzione di un moderno alveare che si chiude con le attività mese per mese in modo da non dimenticare niente e avere la produzione sempre sotto controllo. Un manuale che non lascia niente al caso scritto da uno “scienziato in tonaca” per il contadino dell’ottocento, ma sicuramente interessante anche per il moderno apicoltore in un periodo di grande difficoltà dovuto all’ecatombe provocata dai pesticidi.
Non ce ne accorgiamo, ma la loro perdita potrebbe provocare grossi danni al mondo dell’agricoltura. Il lavoro di don Giotto ci fa conoscere il loro meraviglioso mondo.