Il cristianesimo è contro la donna? Una delle tante leggende nere che circolano contro la Chiesa riguarda la donna: il Cristianesimo l’avrebbe sempre considerata inferiore all’uomo. Ma basta poco per smontarla
di Rosanna Brichetti Messori
Scandagliando il problema, non sarà tuttavia difficile dimostrare come il cristianesimo da sempre abbia sostenuto la pari dignità dei due sessi e la loro uguaglianza essenziale e si sia anche sempre impegnato affinchè tali principi venissero applicati nella pratica.
Con, tuttavia, una precisazione che è necessario fare fin dall’inizio e che è indispensabile per affrontare questo problema, come del resto per molti altri analoghi. È bene, infatti, ricordare che la Chiesa non vive in un empireo distaccato dal tempo e dallo spazio.
Essa, al contrario, agisce nella storia con un compito preciso: quello di affiancare tale storia, accompagnandola con l’annuncio continuo di quella Buona Novella che le è stata affidata. Per questo la Chiesa, mentre cerca in ogni momento di “convertire” al Vangelo il contesto storico nel quale si trova ad operare, al contempo deve inevitabilmente convivere con le dinamiche sociali e culturali che la circondano e che non dipendono soltanto da lei.
Per questo, dunque, non deve fare scandalo se la Chiesa, pur cercando al massimo di informare la cultura di ogni tempo con le prospettive evangeliche, si è mossa proponendo tale Verità all’interno dei vari momenti storici che, per il problema che ci riguarda, hanno visto nel tempo mutare le dinamiche di ruolo tra i due sessi.
In particolare per secoli essa si è trovata a convivere con una società organizzata in forma tradizionale, dove la famiglia era patriarcale e dunque prevedeva al suo interno una gerarchia a capo della quale stava il pater familias. Vedremo tuttavia come, nonostante questo, essa abbia operato moltissimo in favore della donna, al punto che è possibile affermare senza tema di smentita anzitutto che lo sviluppo in senso moderno dei diritti delle donne deve molto al cristianesimo.
È in ambito cristiano, infatti, che fin dalle origini si è sempre affermata, pur nella differenza, la pari dignità di uomini e donne e si è cercato anche di ottenerla nei fatti. E poi, riflettendo sull’oggi, è ugualmente possibile sostenere che la spinta propulsiva del cristianesimo ad un costante riconoscimento della dignità della donna non ha affatto esaurito il suo compito con l’avvenuta conquista dei cosiddetti diritti civili nella società laica.
E questo perché, se il raggiungimento di tali diritti ha risolto gli aspetti giuridici, ha però evidenziato nuovi problemi nel rapporto tra uomo e donna con disagi psicologici e sociali che sono sotto gli occhi di tutti. E che, pertanto, il cristianesimo con il suo messaggio continua a presentarsi come un importantissimo fattore di equilibrio in questa post modernità spesso un po’ troppo inebriata di se stessa.
Post modernità nella quale rischiano di andare smarriti, anche nei confronti della donna, e nonostante l’apparenza, i principi di riferimento essenziali, indispensabili perché la sua identità e il suo ruolo siano davvero e fino in fondo rispettati. Ma ritorniamo alle accuse. Si dice: Gesù predicava l’uguaglianza tra gli esseri umani, ma già Paolo discriminava le donne.
La Chiesa, poi, non è credibile quando afferma di difendere la dignità e il ruolo delle donne perché non ha mai aperto al sacerdozio di queste ultime. Ciò è un mo della volontà da parte della istituzione ecclesiale di voler mantenere saldo il potere che conta in mani maschili.
La Chiesa, infine, al di là delle affermazioni di principio, sarebbe sempre stata un elemento di freno nello sviluppo concreto dei diritti e del ruolo delle donne. Anche oggi, essa sarebbe l’ostacolo principale, soprattutto in Paesi come l’Italia, al riconoscimento pieno di quei diritti della persona che sfocerebbero nell’aborto, nel divorzio, nell’omosessualità, nell’eutanasia e in tutti i corollari connessi.
Una Chiesa, dunque, quella che emergerebbe da questo quadro, sostanzialmente incoerente, quando non ingiusta, verso almeno una metà del popolo di Dio. Una Chiesa da sempre maschilista e, da ultimo, contraria a quella modernità che avrebbe davvero infranto ogni tabù anche riguardo alla famiglia, al sesso, alla disponibilità della propria persona.
Accuse pesanti. Ma anche, come vedremo, accuse non poi così difficili da smontare perché lontane dalla verità. Ma procediamo per gradi, risalendo proprio a quegli inizi in cui si radica il tutto, cioè al libro della Genesi. Sappiamo che i racconti che riguardano la Creazione dell’uomo e della donna sono due. Il primo, concentrato sull’essenziale, recita: «Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò» (Gn 1,27).
Il secondo, più dettagliato, ci fornisce qualche particolare in più su quel «maschio» e quella «femmina». Ci dice, per esempio (Gn 2,22-24), che la creazione della donna ha un’origine singolare e per certi aspetti commovente. Quel primo uomo infatti, nonostante la splendida creazione che lo circondava, era triste perché non trovava un aiuto che gli fosse “simile”.
Fu allora che il Signore Dio plasmò, con la cestola che aveva tolta all’uomo, una donna e gliela condusse. Allora l’uomo disse: «Questa volta essa è carne della mia carne e osso delle mie ossa. La si chiamerà donna poiché dall’uomo è stata tolta».
Si è trattato certamente di uno strano modo di procedere quello di Dio per dare vita alla donna, un modo che ha insinuato talvolta il dubbio che stesse ad indicare un diverso piano di valore tra questi due esseri, l’uno subordinato all’altro. Nota invece acutamente al proposito von Balthasar: «Se Dio avesse formato la donna non da Adamo, ma ancora una volta dal fango della terra, la loro unità sarebbe stata esteriore e Adamo non avrebbe potuto riconoscere in lei “carne della mia carne”».
A questo punto risulta più chiaro perché subito dopo la Scrittura abbia aggiunto, proprio per sottolineare la natura di questo incontro tra due diversità, che sono chiamate a ricongiungersi: «L’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne».
Non molte parole, dunque, pochissimi versetti del testo biblico. Ma in essi c’è già tutto quello che ci interessa sapere. C’è il fatto fondamentale che la differenza tra uomo e donna è originaria e voluta da Dio e che proprio per questo deve essere assai importante. C’è l’altro fatto importantissimo che a questo si collega, e cioè che se tale differenza è stata prevista è perché ad essa evidentemente si collegano identità diverse, che però appaiono essere reciprocamente l’una funzionale all’altra.
Ma che tutto ciò non altera assolutamente l’uguale dignità dell’uno e dell’altra, perché tale dignità si fonda sulla comune somiglianza con Dio. Somiglianza che rende entrambi “persone”, cioè esseri non mossi, come tutti gli altri viventi, da un istinto che li guida ma che al contempo li sottomette, ma esseri dotati di libertà e di volontà e, dunque, capaci di operare delle scelte. Ma soprattutto si tratta di due esseri simili a Dio in quell’aspetto che lo caratterizza in modo eminente, cioè in quell’amore che per sua natura significa anche e necessariamente incontro, relazione.
Una differenza originaria, dunque, quella tra uomo e donna, ma concepita per incontrarsi nell’amore per il bene della coppia (aiuto reciproco e rimedio alla solitudine) ma anche, attraverso quell’unica carne che nel rapporto si ricostruisce, per dare la vita ad altri figli di Dio. Un progetto, come vediamo, davvero grande che lega l’uomo e la donna tra loro e con Dio, il creatore con quelle sue creature pensate a sua immagine.
Un respiro diverso, ce ne accorgiamo subito, dai programmi, per quanto belli, previsti per uomo e donna ma legati al solo orizzonte terreno. Una bellezza destinata tuttavia a durare poco almeno in quella sua perfezione iniziale. Il dono della libertà è bello ma arduo da vivere, perché espone necessariamente alla scelta e, dunque, alla dinamica tra bene e male.
Accade continuamente a noi di farne esperienza, accadde anche a quei nostri progenitori che ad un certo punto non resistettero alla tentazione, sempre presente in ogni uomo, di diventare legge a se stessi, di non dipendere da nessuno. La tentazione di una libertà totale, sganciata da ogni guida: la creatura che si erge al posto del creatore e lo vuole annullare. È Èva la prima a cedere e a trascinare con sé anche Adamo.
Le conseguenze non tarderanno a farsi sentire: l’iniziale equilibrio si turba: da quel momento Adamo si guadagnerà il pane con «il sudore della fronte» ed Èva, partorirà «con dolore». Ma anche la coppia ne soffrirà, perché: «Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà» (Gn 3,16).
Il quadro si è fatto decisamente più complicato e anche in questo caso poche parole bastano a rivelarlo: questi due esseri simili ma al contempo diversi continueranno ad attrarsi tra loro e ad avere bisogno l’uno dell’altra. Ma in un incontro che non sarà esente dalla sofferenza perché la propensione al male e al peccato, ormai presente nelle loro vite, interferirà di continuo, creando conflitto.
Un conflitto tuttavia che, non essendo solo tra loro ma anche con Dio, richiederà, per risolversi davvero, non soltanto rimedi politici o sociali, pure importanti, ma autentica conversione, (continua)