dal sito ProVita settembre 2015
ProVita ha le prove che in Italia, al centro di Milano, si pratica di fatto e contro la legge penale, il commercio di bambini e la riduzione in schiavitù delle donne: la ignobile pratica dell’utero in affitto. Ecco il resoconto che i nostri inviati speciali, X e Y, ci hanno fatto.
Il giorno 23 settembre il dottor Daneshmand è passato a Milano per un periodo di circa 24 ore. Sfruttando tale occasione l’associazione “Prepara” ha organizzato un incontro esclusivo nel centro di Milano per parlare di GPA (Gravidanza per altri), il nome politicamente corretto dell’utero in affitto.
Il dottor Daneshmand è il fondatore della Fertility Clinic una clinica basata negli Stati Uniti che si occupa di gravidanze surrogate (cioè di affittare donne e vendere bambini) servendo clienti provenienti da tutto il mondo. L’associazione Prepara è un ente che si occupa proprio di pubblicizzare i servizi della Fertility Clinic e di trovare clienti europei da presentare al dottore.
X e Y sono due amici che hanno finto di essere una coppia gay. Venuti a conoscenza dell’incontro che si sarebbe svolto il 23, scrivendo direttamente all’associazione Prepara, sono riusciti a farsi invitare ricevendo via mail la comunicazione del luogo ed ora esatti dell’incontro.
Al luogo dell’appuntamento vengono fatti accomodare in un salone affittato per eventi privati dove sono già presenti diverse coppie, sia etero che di soli uomini. C’è anche un single. Sono tutti lì per capire come fare per avere un figlio nonostante ciò sia impossibile in modo naturale.
Impossibile alla natura ma non al denaro.
Come a voler confermare questa affermazione, il primo tema che viene trattato sono i costi per poter comprare un bambino appena partorito da una donna che rinuncia a qualsiasi diritto sul neonato.
Tutti sanno all’incirca quanto costa quindi il dottore si focalizza sui risparmi che la sua clinica può permettere a chi decidesse di rivolgersi a lui e volesse lasciargli in mano l’intero processo: a partire dal prelievo dei “gameti femminili” (gli ovuli, che al 50% determinano i caratteri fisici del nascituro), alla selezione della “gestante” (o surrogata, colei che porterà il bambino in grembo per 9 mesi, comunemente chiamata madre che letteralmente dovrebbe chiamarsi “surrogante”, non surrogata), fino alle analisi di salute sugli embrioni (per eliminare bambini potenzialmente affetti da malattie cromosomiche o ereditarie, quelli imperfetti, insomma, e quelli del sesso non gradito).
Le cifre sono:
5-10.000$ per gli ovuli
15-30.000$ per la madre surrogata
10.000$ per un esame dell’embrione
2-5.000$ per un esame del feto alla decima settimana (se questo test andasse male potrà essere abortito)
Più vari altri costi per analisi sui “genitori”, sui gameti, le provvigioni di agenzie intermediarie ed avvocati. In totale si va dai 75.000$ ai 120.000$, senza considerare possibili sorprese, problemi o complicazioni.
Non serve neanche spiegare perché la “gestante” non può essere anche venditrice degli ovuli: si vuole limitare al minimo qualsiasi legame tra la donna che deve partorire ed il bambino (9 mesi di gravidanza… che legame volete che sia…), ma soprattutto ciò su cui si insiste di più è chiarire che sia la venditrice degli ovuli sia la “surrogata” vengono selezionate secondo criteri molto restrittivi, perché qualsiasi problema o complicazione durante la gravidanza o il parto farebbe lievitare i costi per i “committenti” (coloro che hanno messo il seme o comunque coloro che fin dal principio di tutto il processo sono titolari della paternità sul “feto su ordinazione”).
Tutto procede con molta naturalezza, col dottore che presenta nei dettagli tutto il processo e le diverse opzioni tra cui i futuri “genitori” dovranno scegliere, c’è anche spazio per le battute: “Al momento della selezione dell’ovulo possiamo scegliere secondo i nostri canoni di preferenza giusto? Magari una bella bionda con gli occhi azzurri alta 1.80”. Questa battuta fa rabbrividire X e Y: queste persone si ritengono già “genitori” dal momento in cui ci sarà un embrione che loro hanno deciso di far impiantare in una “surrogata”: questa ricerca dell’aspetto e della razza perfetta stride dolorosamente con la bellezza del desiderio di paternità e maternità naturalmente insito nell’uomo.
Si chiude con le domande più particolari e specifiche dei potenziali clienti e si approfondiscono le opportunità di scegliere “gestanti” nei diversi paesi, negli Stati Uniti o del Canada, scelta da fare anche in base agli strumenti legali ed assicurativi che ciascuna legislazione mette a disposizione dei “genitori”. Ovviamente la Fertility Clinic mette a disposizione i propri avvocati o i contatti di avvocati esterni che seguano i propri clienti fin dalla stesura dei primi contratti con la venditrice degli ovuli e con la “gestante”, fino al momento di rimpatriare il bambino.
Quest’ultimo punto sorprende notevolmente X e Y: il rimpatrio sembra una vera e propria formalità: “Basta rientrare in Europa facendo scalo in un altro paese prima dell’Italia”, una volta atterrati in Europa ed aver ufficializzato presso le autorità europee che si sta rientrando con il proprio “figlio” di pochi giorni o poche settimane, il successivo passaggio da uno stato dell’unione all’Italia non darà nessun problema. Una coppia lo conferma: “Molti nostri amici gay hanno diversi bambini e non hanno avuto nessun problema”.
Successivamente X e Y si fermano a chiacchierare e tra le lamentele sulla legge italiana qualcuno afferma che di fatto in Italia tutto è illegale e anche questo incontro. X e Y fingono di essere sorpresi ma sanno benissimo che la legge italiana (la legge 40) recita: “Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro”.
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Redazione: NON VOGLIAMO CHE TUTTO QUESTO DIVENTI UNA PRATICA LEGALE E DIFFUSA, DIFENDIAMO I BAMBINI E LA FAMIGLIA DALLA LEGGE CIRINNA’