Avvenire Mercoledì 14 Marzo
Una ricerca americana certifica che le emissioni di CO2 complessive prodotte da questi veicoli sono inferiori a quelli a gasolio solo nelle pochissime nazioni nel mondo dove l’elettricità proviene da fonti rinnovabili
di Andrea Silvuni
Nel dibattito che si è acceso sulla diffusa volontà di impedire la cicolazione e addirittura la vendita dei veicoli dotati Idi motore a gasolio puntando alla mobilità elettrica come soluzione del futuro, si evidenziano ora anche i commenti e le prese di posizione dei “moderati”, di coloro cioè che pur condividendo la necessità di intervenire per proteggere l’ambiente, sono contrari alla demonizzazione del diesel ed alla “beatificazioni” dell’elettrico.
La certezza della sostenibilità delle auto 100% elettriche sembra vacillare in una prospettiva di valutazione globale del loro impatto sull’ambiente secondo quando scoperto da un gruppo di ricercatori e pubblicato nello studio “Comparative Environmental Life Cycle Assessment of Conventional and Electric Vehicles” sul Journal of Industriai Ecology.
Calcolando l’equivalente della CO2 emessa nell’intero ciclo di funzionamento dei veicoli, comprendendo sia la fabbricazione degli stessi che la produzione dell’energia con cui vengono fatti funzionare, si scopre infatti che solo in pochissime nazioni al mondo (Paraguay, Islanda, Svezia, Brasile e Francia) il livello di CO2 equivalente in g/km resta compreso tra 70 e 93 – per effetto della tipologia di produzione dell’elettricità: idroelettrica, geotermica o nucleare – mentre già nel Canada si sale per gli EV a 115 g/km di CO2, con Spagna a 146 e Russia a 155.
L’Italia, in questa classifica, si colloca in una zona intermedia, con un valore equivalente di 170 g/km di CO2 che è comunque molto più alto rispetto ai diesel e ai benzina. La Germania sale a 179, la Gran Bretagna a 189 e gli Stati Uniti “sforano” in zona rossa (si utilizza ancora il carbone) a 202 g/km.
Male anche Messico (203) e Turchia (204) ma le cose peggiorano, e non di poco, per Cina (258), Indonesia (270), Australia (292), Sudafrica (318) e India (370) tutti Paesi che sono fortemente dipendenti dal carbone per produrre elettricità.
Nella recente puntata de “La Versione di Oscar” su Radio24 condotta da Oscar Giannino, l’ingegner Enrico de Vita – autorevole esperto di temi ambientali -ha riassunto gli interventi che potrebbero migliorare la qualità dell’aria nelle zone urbane. «Le città vanno dotate di efficienti sistemi di trasporto collettivo con mezzi che siano caratterizzati da inquinamento vicino a zero – ha detto De Vita – per creare dove possibile più ampie zone pedonali, chiuse a tutto il traffico dei veicoli privati» e non solo, dunque ai diesel.
Questo perché non sono le emissioni dei motori a gasolio a creare i problemi, ma l’impatto complessivo del traffico e – come ha dimostrato una ricerca tedesca – anche le polveri rilasciate dai freni e dal consumo dei pneumatici sull’asfalto. De Vita ha anche ribadito che il diesel «è oggi il miglior motore termico sia dal punto di vista della riduzione dei gas con effetto serra, con emissioni di CO2 inferiori del 25-30% rispetto ai benzina, sia dei danni alle persone per emissioni di particolato che di altri gas velenosi rilasciati dallo scarico. Il fatto che le auto a gasolio emettano meno PM10 nel funzionamento rispetto a quelle elettriche – ha spiegato De Vita – è legato al fatto che essendo più pesanti per la presenza delle batterie, sollevano più polveri nella circolazione su strada. Va ricordato al riguardo che il particolato che giace al suolo è oltre 10 volte di più rispetto a quello emesso dagli scarichi».
L’Italia comunque «è in ritardo su tutti gli aspetti della mobilità elettrica»; lo sostiene un’analisi della piattaforma europea Electromobility, che unisce associazioni e industria per promuovere il passaggio a tutte le forme di trasporto elettrico. L’organizzazione ha presentato i risultati del suo studio all’Europarlamento, alla presenza della commissaria Ue ai trasporti Violetta Bulc.
Secondo il rapporto, contrariamente alla diffusa credenza secondo cui i potenziali acquirenti di veicoli elettrici sono scoraggiati dalla mancanza di impianti di ricarica sul territorio, questi sarebbero invece «più che sufficienti per il numero di auto elettriche attualmente in circolazione e continueranno a esserlo almeno fino al 2020, se saranno mantenuti gli impeghi di diversi governi Ue a sviluppare infrastrutture di ricarica nazionali»