Cardinale Van Thuân
Newsletter n.535 del 25 settembre 2014
Giuseppe Brienza
Venti anni fa, proprio in questi giorni, si teneva a Il Cairo, in Egitto, la prima Conferenza Internazionale dell’Onu su Popolazione e Sviluppo (5-14 settembre 1994). Trattò di temi che, ancora oggi, sono al centro di gravi e potenziali ripercussioni sul diritto alla vita ed all’integrità della famiglia. Vale la pena, dunque, sintetizzarne i principali contenuti ed esiti.
Aborto: “diritto” o “delitto”?
La battaglia svoltasi a Il Cairo, principalmente, è stata sulla definizione dell’aborto come delitto o come e “diritto” della donna, ed il riconoscimento alla famiglia della primaria responsabilità educativa sui figli. Vale la pena di ricordare, come ha fatto Riccardo Cascioli su La Nuova Bussola Quotidiana, che allora due sono stati gli schieramenti contrapposti: «uno era guidato dagli Stati Uniti (con l’Unione Europea a fare da principale sostegno), il cui presidente Bill Clinton si era premurato in vista della Conferenza del Cairo di inviare un messaggio a tutti i capi di governo del mondo per spiegare che le politiche di controllo delle nascite erano una priorità di politica estera degli Stati Uniti (a buon intenditor…). […] A fronteggiare gli Usa era la Santa Sede – capo delegazione era il cardinale Renato Raffaele Martino, allora Osservatore permanente presso l’Onu a New York – irriducibile nel difendere la dignità dell’uomo e il valore della famiglia, “patrimonio più originario e sacro dell’umanità”, come aveva detto papa Giovanni Paolo II per spiegare l’interesse della Chiesa in questa battaglia. Non a caso intorno alla Santa Sede si coagularono molti paesi del Sud del mondo, perché i poveri sono le prime vittime del movimento per il controllo delle nascite» (La battaglia del Cairo che la Chiesa sta perdendo, 8 settembre 2014).
La missione diplomatica della Santa Sede presso l’Onu ha partecipato attivamente ai processi preparatori ed ai documenti finali non solo della conferenza su popolazione e sviluppo convocata nel 1994 a Il Cairo ma, anche, a quella di Pechino (Cina) nel 1995, al termine della quale venne adottata una Piattaforma per l’Azione (Platform for Action) mirata a creare i presupposti per l’uguaglianza fra i sessi, e l’attribuzione di maggiore potere decisionale e responsabilità alle donne.
In entrambe le conferenze è emersa in tutta la sua pericolosità quell’ideologia de-natalista, già diffusa in gran parte delle organizzazioni internazionali del dopoguerra, che fa capo principalmente alle teorie dell’economista Thomas Malthus (1766-1834). Secondo la teoria elaborata da quest’ultimo, pastore anglicano inglese, nel “Saggio sul principio della popolazione” (1798), a fronte del fenomeno della povertà mondiale, il problema fondamentale da risolvere non è quello della equa distribuzione delle risorse, bensì quello della sovrappopolazione, considerando un dato immodificabile l’attuale assetto sproporzionati della ricchezza e dello stock di risorse naturali disponibili.
Vittoria neo-malthusiana?
Alla luce di tale anti-solidaristica impostazione, prima della Conferenza del Cairo, gli esponenti del movimento internazionale neomalthusiano hanno messo in atto quello che è stato definito il “gioco delle proiezioni” dell’incremento demografico globale. Delle tre ipotesi sullo sviluppo della popolazione mondiale allora fatte circolare, infatti, se ne agitava una “alta”, secondo la quale nel 2015 la stessa avrebbe ammontato a più di 11 miliardi di abitanti, una “media”, che prevede una stima nello stesso anno di 7,5 miliardi e, infine, una “bassa”, per la quale avrebbero abitato il mondo 6,5 miliardi di persone di lì ad una generazione.
Ebbene, delle tre ipotesi, gli spin doctors di varie Agenzie internazionali ed ONG, alla vigilia della Conferenza del Cairo, hanno accreditato la “alta” come la più attendibile, sbagliando clamorosamente i propri calcoli. Delle tre ipotesi o proiezioni dell’ONU per la crescita della popolazione mondiale, infatti, oggi nessuno parla più dell’ipotesi “alta”, perché già si vedono gli effetti della stabilizzazione della crescita della popolazione, che si chiama “transizione demografica”.
Il punto è che nei documenti preparatori e nelle discussioni della Conferenza del Cairo, i riferimenti sono quasi tutti all’ipotesi “alta”, come ha dimostrato fra gli altri lo stesso già citato Cascioli nel libro Il complotto demografico. Il nuovo colonialismo delle grandi potenze economiche e delle organizzazioni umanitarie per sottomettere i poveri del mondo, pubblicato nel 1996. E’ stato così possibile a neomalthusiani e loro alleati (soprattutto ONG e gruppi femministi), opporsi a tutte le posizioni pro life ed in favore dei diritti educativi della famiglia espresse dalla Delegazione della Santa Sede, per veicolare invece il progetto di fornire contraccettivi e impartire l’educazione sessuale ai giovani e alle giovani, senza la consapevolezza ed il consenso dei genitori.
L’allora arcivescovo (poi cardinale) Renato Martino, capo della delegazione della Santa Sede al Cairo, nel discorso pronunciato a seguito dell’assise il 7 settembre 1994, ha espresso come maggiori preoccupazioni della Chiesa proprio quelle toccate dalla conferenza internazionale, cioè la libertà educativa della famiglia, la tutela della vita umana nascente ed, infine, il benessere integrale della donna.
Nella conferenza del Cairo, come ha scritto l’allora presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia card. Alfonso López Trujillo (1935-2008), si è concentrato in effetti tutto un «carico ideologico, dinamico e funzionalmente organizzato nel quale, oltre che attivare meccanismi che si sarebbero dimostrati miti inconsistenti, come quello della “rivoluzione” o “dell’esplosione demografica“, volti a suscitare l’allarme della sovrappopolazione, si ricorreva a espressioni come “sexual rights“, “reproductive rights” (come in precedenza era stato fatto con “family planning“, per incoraggiare la contraccezione e rifiutare come inutili i metodi naturali). In tali espressioni, in realtà si cercava di sottrarre gli adolescenti e i giovani alla famiglia, all’educazione e all’autorità dei genitori, riempiendoli di informazioni riguardanti le “libere” scelte per evitare la gravidanza, le malattie a trasmissione sessuale, diffondendo, senza altre “pressioni”, ogni tipo di contraccettivo» (Prefazione, in Pontificio Consiglio per la Famiglia, Lexicon. Termini ambigui e discussi su famiglia, vita e questioni etiche, EDB, seconda edizione ampliata, Bologna 2006, p. XII).
Riprendendo sempre le parole di Riccardo Cascioli, è quindi ora di ribadire a tutti che, «quella “urgenza di prendere coscienza” del significato della famiglia e della vita, che Giovanni Paolo II vedeva venti anni fa, oggi è ancora più attuale, per i cattolici e per chiunque abbia a cuore la verità. Perché in gioco non c’è solo la morale cattolica, come qualcuno vorrebbe far credere, ma la sopravvivenza della nostra stessa società» (art. cit.).