Dall’estate del 1994, con una serie di interventi – tenuti in occasione di diversi convegni internazionali – di uno dei più noti specialisti di nuova religiosità, J. Gordon Melton, si è incominciato a parlare della “fine” del New Age (1). Se questo fenomeno avesse una struttura definita come molti nuovi movimenti religiosi (ad esempio i Mormoni o i Testimoni di Geova), la “fine” non potrebbe avvenire in silenzio, occorrerebbe un atto formale di scioglimento o comunque dovrebbe accadere qualche avvenimento che in maniera evidente faccia intravedere questa fine. In realtà, invece, il New Age è un metanetwork, cioè una rete fluida di gruppi che si ritrovano intorno ad alcune idee comuni e non un’organizzazione gerarchica e strutturata; dunque, bisogna essere buoni e attenti osservatori per poter leggere i segni di questa “fine”.
Tra il 1993 e il 1994 si sono verificati alcuni fatti significativi in tal senso: la chiusura di un buon numero di librerie della rete del New Age negli Stati Uniti; il calo dei prezzi dei cristalli utilizzati per la cristalloterapia; le dichiarazioni relative alla “dipartita” del New Age da parte di notevoli portavoce come David Spangler.
Secondo Melton è facile capire i motivi della “fine” del New Age: si attendeva l’Età dell’Oro, cioè un’epoca di pace, di progresso e felicità, ma questa Era non è venuta. Al contrario ci sono e ci sono state guerre, miserie e scandali, che hanno riguardato anche alcuni portavoce dello stesso New Age e organizzazioni a servizio del metanetwork, accusate di operare per fini esclusivamente commerciali.
Buon osservatore, però – oltre a Melton -, è anche Massimo Introvigne, il quale lascia intravedere un altro fra i tanti segni della “fine” del New Age in un volume su “Heaven’s Gate” (“La Porta del Paradiso”) (2), il gruppo dei 39 suicidi ritrovati in una villa di Rancho Santa Fe, in California il 26 marzo 1997.
Dalle ultime dichiarazioni dei membri del gruppo, che sono note grazie al loro sito Internet e ad alcune videocassette in cui hanno lasciato dei messaggi, sappiamo che il motivo che li ha spinti al suicidio era la necessità di raggiungere l’astronave che si sarebbe trovata sulla scia della cometa Hale Bopp e che li avrebbe introdotti nel Regno dei Cieli.
Questo gruppo ufologico aveva reclutato molti seguaci negli ambienti del New Age, ma il giudizio del gruppo su questa corrente spirituale si era fatto sempre più negativo. Anche in questo caso si può dire che l’Età dell’Oro non è giunta, non ha mantenuto le sue promesse. Al suo posto sono venute la guerra in Bosnia, l’AIDS, ma le astronavi attese da “Heaven’s Gate” non sono atterrate.
Il cambiamento epocale per l’intero pianeta, dunque, non è giunto, così i membri del gruppo di Rancho Santa Fe hanno sostituito al mito collettivo dell’Età dell’Acquario un mito individuale, quello dell’ascensione personale ad un livello superiore.
Oggi gli occhi degli studiosi più attenti sono puntati sulla nuova tendenza che si sta manifestando negli Stati Uniti: il New Edge, New Stage o Next Age, che non promette più l’età dell’oro per tutta l’umanità, ma proclama che anche se questa va in degrado ed è afflitta da vari problemi, agli aderenti è comunque aperta la via per raggiungere uno stadio superiore di consapevolezza.
Il dibattito sulla “fine” del New Age è aperto, occorre comunque ricordare che le novità culturali americane giungono nel Vecchio Continente con cinque o dieci anni di ritardo, per cui un fenomeno che è alla fine negli Stati Uniti potrà essere all’apogeo in Italia e solo ai suoi inizi in Paesi come la Russia o l’Albania, che per diverse cause sono più arretrati in fatto di alcune mode e culture. Inoltre, la “fine” del New Age significa solamente la “fine” del metanetwork, mentre i singoli gruppi potranno continuare ad esistere pur essendo caratterizzati probabilmente da maggiore autonomia.
Proprio per questo PierLuigi Zoccatelli, studioso del Centro Studi sulle Nuove Religioni, paragona il New Age al “celebre” cadavere di cui si parla in tanti film polizieschi, la cui morte risale ad alcuni anni fa, ma la cui autopsia rivela che sul terreno della cultura popolare permangono molte tracce che si mostrano dure a morire (3).
Il parlare di una conclusione del fenomeno New Age non deve quindi fare “abbassare la guardia” alle Chiese Cristiane – forse sarebbe meglio dire a coloro che all’interno di esse hanno adeguatamente compreso il pericolo che questo fenomeno rappresenta per il Cristianesimo – in quanto proprio questo clima può suscitare, e in effetti sta suscitando, potenti iniziative editoriali e dell’ambiente cinematografico.
Questo, ad esempio, è il caso dei romanzi di James Redfield – l’autore della Profezia di Celestino, che nel suo ultimo libro, The Celestine Vision, teorizza il passaggio ad una fase nuova – i quali seppure potrebbero anche rappresentare i “testamenti” del New Age, sono propagandati e diffusi in modo che l’eredità della Nuova Era continui ancora per molti anni.
Dunque, è ancora attualissima una battaglia contro tutte le credenze propagandate e diffuse dalla Nuova Era che – purtroppo – spesso rappresentano veri e propri “cavalli di Troia” per la Fede Cristiana. Tuttavia, mentre si sta combattendo su questo fronte, occorrerà prepararsi a fronteggiare la nuova sfida posta dal Next Age, un fenomeno di cui si sa ancora poco, ma che pare decisamente caratterizzato da un acceso individualismo e quindi da una forte spinta egoistica. Alle soglie del Terzo Millennio, dunque, ogni cristiano si deve sentire chiamato alla grande opera del riannuncio di quella Verità che sorpassa le mode perché è l’unica che rimane in eterno.
Note
(1) Sul punto cfr. Massimo Introvigne, Mille e non più mille. Millenarismo e nuove religioni alle soglie del Duemila, Gribaudi, Milano 1995, pp. 201-239.