Tradizione Famiglia Proprietà
anno 23, n.73 Marzo 2017
Si usa dire che l’Unione Europea stia diventando una sorta di ‘Stati Uniti d’Europa”, cioè il regno delle banche e della finanza, sorretto da un liberismo di stampo plutocratico. In realtà, stiamo diventando piuttosto come l’Unione Sovietica.
di Julio Loredo
Nel 2002, ho intervistato il celebre dissidente russo Vladimir Bukovskij (1). La sua lucida analisi della situazione russa (per esempio, ha predetto l’ascesa di Vladimir Putin quale nuovo “Zar”), è stata pari solo alla sua disanima della situazione europea: “Stiamo andando verso la costituzione dell ‘Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche Europee “.
Un vecchio piano
Nelle sue «Memorie» recentemente pubblicate (2), il leader cattolico brasiliano Plinio Correa de Oliveira racconta una conversazione avuta a Parigi nel 1950 con il “Conte X”, uno dei leader tradizionalisti più importanti in Europa. Durante una colazione all’Automobile Club de France, il nobile francese gli chiese di punto in bianco: “Professore, vuole sapere che cosa sta per accadere in Europa? “. Il dott. Plinio rispose, ovviamente, di sì.
“L Europa sta cambiando in modo inimmaginabile – proseguì il Conte – Invece di andare verso spaccature e scontri fra le varie correnti, però, si incammina verso una sintesi. Stiamo preparando l’Unione europea, il cui centro sarà, molto probabilmente, Strasburgo. Stiamo progettando la costituzione di un Parlamento europeo, che aprirà la strada a un governo europeo che segnerà la fine delle identità nazionali. Elimineremo le dogane. Poi spariranno anche i confini. Europa avrà un mercato comune, un ‘industria comune, un commercio comune. In questa Unione, ognuno troverà un posto: da noi, monarchici tradizionalisti, fino ai comunisti. Ci sarà una fusione tra destra e sinistra. Nel Parlamento saranno rappresentate tutte le classi sociali. L’arciduca Otto d’Asburgo siederà fianco a fianco con un socialista o un comunista. Non ci saranno più i confini ideologici. Saremo governati da tecnici “.
Questa conversazione ebbe luogo ben sette anni prima che il Trattato di Roma desse vita alla Federazione europea. In altre parole, già nel 1950, le persone ben informate avevano un’idea chiara di ciò che sarebbe accaduto, anche nei dettagli come l’elezione al Parlamento europeo di Otto d’Asburgo, avvenuta solo nel 1979.
Questo, naturalmente, sollevava la domanda: chi stava progettando la formazione di questa nuova Europa? Plinio Correa de Oliveira preferì non insistere e, ringraziando l’anfitrione, anticipò la fine dell’incontro. La sua idea di un’Europa unita era più in linea con il Sacro Romano Impero che con questo congegno ateo, relativista e permissivista.
Tecnicamente una dittatura
La prima cosa che colpisce circa l’Unione Europea è la sua mancanza di legittimità democratica. Tecnicamente, in molti dei suoi elementi, può essere paragonata a una dittatura, cioè a un potere che impone la propria volontà e non risponde ai cittadini.
Siamo governati da burocrati non eletti, come il Presidente della Commissione europea e il Presidente della Banca centrale europea, che tra l’altro è un istituto privato. E la prima volta nella storia che una banca privata determina le politiche economiche di diciannove nazioni. Le cose non vanno meglio nel Parlamento europeo. Una volta eletti, gli eurodeputati operano in modo praticamente autonomo. Chi segue veramente cosa succede a Strasburgo o a Bruxelles? Quale potere reale ha un cittadino europeo di prendere parte al processo decisionale?
Gli esperti parlano eufemisticamente di “deficit democratico” nel governo dell’Unione Europea. Leggiamo nel sito della Commissione giuridica europea: “Il «deficit democratico» è una nozione invocata principalmente per sostenere che l’Unione europea e le sue istanze soffrono di una mancanza di legittimità democratica e che sembrano inaccessibili al cittadino a causa della complessità del loro funzionamento. Gli elettori europei non sentono di avere una modalità efficace per respingere un «governo» che a loro non piace e per cambiare in qualche modo il corso delle politiche e della politica. (…) La disaffezione nei confronti dell’ Europa è emersa dalla bassa affluenza alle ultime elezioni europee, che ha raggiunto un minimo storico nel 2009 con una media di appena il 43 %. La questione della legittimità democratica è stata cruciale in ogni fase del processo di integrazione europea“.
Proprio come nella vecchia Unione Sovietica, i paesi membri dell’UE non sono in grado di lasciarla con facilità. Quando un referendum nazionale dà un risultato negativo (come l’Irlanda nel 2008 e la Danimarca nel 2015), l’UE semplicemente impone un nuovo plebiscito. E così più volte, fino a ottenere il risultato desiderato, che poi diventa definitivo.
Quando un trattato non è accettato all’unanimità (Trattato di Nizza), semplicemente si ripresenta con altro nome (Trattato di Lisbona), imponendone l’accettazione pena pesantissime sanzioni. L’unico paese ad aver lasciato le Comunità è la Groenlandia, nel 1984. Si tratta, però, di un caso molto particolare, giacché aveva inizialmente aderito come parte della Danimarca. La prima vera minaccia per l’Unione Europea proviene dalla Gran Bretagna.
Anche se legalmente possibile, l’opposizione all’Unione europea è molto difficile. Un paese che voglia lasciarla, o voglia adottare politiche divergenti, va incontro a sanzioni economiche e politiche colossali. L’unica cosa che manca è la minaccia militare, un’idea che, tra l’altro, è già stata sollevata.
L’acqua non è idratante
Un’altra caratteristica delle dittature è la propensione a intromettersi nella vita privata dei cittadini. In questo campo, l’Unione europea sta superando l’URSS, con milioni di pagine di norme che fissano tutto, dal colore della segnaletica stradale alla forma di una banana. Sì! Affinché una banana possa essere considerata una banana in Europa, deve conformarsi con ben otto pagine di requisiti! A volte, i regolamenti dell’Unione Europea sembrano usciti da un romanzo di Franz Kafka. Una recente decisione vieta le etichette che recano la dicitura “l’acqua previene la disidratazione”. E, a pochi giorni di distanza, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, ha stabilito che mangiare molte prugne secche non provoca nessun effetto lassativo. E quella per la sicurezza stradale ha determinato che i diabetici non possono guidare macchine (per fortuna, nessuno si è azzardato ad applicare tale norma).
Dittatura culturale
Un’altra caratteristica delle dittature è l’imposizione di un pensiero unico, cioè di un’ortodossia di regime, punendo severamente qualsiasi dissidenza. Forse in nessuna area la natura dittatoriale dell’UE è più evidente che nel suo desiderio di imporre, con forza soverchiante, un’ideologia culturale di estrema sinistra, che va dall’aborto ai diritti degli omosessuali al gender. Oltre al Parlamento europeo, il principale strumento per imporre questo programma culturale è la Corte europea dei diritti dell’uomo.
La Corte assume un concetto libertario di “diritto”, per cui un individuo può soddisfare i suoi istinti senza essere ostacolato da alcuna legge morale o civile. Così, una donna ha il “diritto” di uccidere il suo bambino; un cittadino ha il “diritto” di sposare una persona dello stesso sesso, e così via. Qualsiasi negazione, o anche limitazione di questi “diritti” è considerata “discriminazione”.
Un caso tipico fu l’imposizione dell’aborto all’Irlanda. Nel 2010, la Corte europea condannò l’Irlanda per le sue politiche prò-vita, stabilendo che erano incompatibili con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Cedendo alla colossale pressione di Bruxelles, l’Irlanda fu costretta a cambiare la propria Costituzione per consentire l’uccisione degli innocenti.
Nel 2015, la Corte europea condannò l’Italia per la mancanza di una legge che permettesse il “matrimonio” tra persone dello stesso sesso. Un anno dopo, il Governo Renzi, in modo antidemocratico, spinse per l’approvazione del ddl Cirinnà, che permette non solo il matrimonio tra persone dello stesso sesso, ma anche la stepehild adoption e la maternità surrogata.
Lo stesso vale per l’ideologia di genere. Nel 2010, il Consiglio d’Europa emanò il Regolamento 2010/5 sulla “lotta alla discriminazione per motivi di orientamento sessuale o identità di genere”. Anche se non giuridicamente vincolante, tale Regolamento è stato poi utilizzato per imporre l’educazione di genere negli Stati membri. L’argomento utilizzato è sempre lo stesso: se non adattiamo le nostre leggi al Regolamento UE, andremo incontro a sanzioni politiche ed economiche. In altre parole, l’argomento del terrore. Proprio come in una dittatura.
Cristianofobia
Nel 2011, Benedetto XVI denunciava la dilagante “cristianofobia”, cioè la discriminazione persecutoria contro i cristiani. Oltre ai regimi comunisti e islamisti, Papa Ratzinger puntava il dito contro il laicismo imperante, per esempio, nell’Unione Europea.
I principi cattolici non trovano posto nell’Unione Europea. Ricordiamo, per esempio, il caso di Rocco Buttiglione. Candidato nel 2004 alla carica di Commissario europeo per la giustizia e la sicurezza, fu respinto ben due volte perché, durante l’interrogatorio, osò dichiarare che seguiva la dottrina morale cattolica. L’eurodeputata socialista olandese Kathalijne Maria Buitenweg inveì contro di lui urlando: “Le sue posizioni sono contrarie alla Commissione europea!“.
Possiamo aspettarci qualcosa di diverso da un’Europa che, contraddicendo la verità storica, nega palesemente le sue radici cristiane?
La cristianofobia del Parlamento europeo raggiunse l’apice nel 2002 con la “Risoluzione sulle donne e il fondamentalismo”, presentata dall’eurodeputata socialista spagnola María Izquierdo Rojo. Poiché le credenze religiose “appartengono alla sfera privata degli individui”, la Risoluzione “deplora le ingerenze delle Chiese nella vita pubblica e politica degli Stati, in particolare quando mirano a limitare i diritti umani e le libertà fondamentali, come in campo sessuale e riproduttivo, o quando incitano e incoraggiano discriminazioni”. Nella sua versione originale, la Risoluzione conteneva un monito personale a Papa Giovanni Paolo II
Anche in questo caso, la persecuzione della religione è una caratteristica dei regimi dittatoriali.
La stessa Risoluzione criticava la Chiesa cattolica per discriminazione contro le donne, non permettendo loro l’accesso all’alto governo della Chiesa e, specialmente, all’ordinazione sacerdotale. Sotto quale autorità un’istituzione europea legifera su questioni che toccano strettamente la sfera religiosa e teologica? Pretende l’Unione Europea di avere autorità anche in queste sfere?
La fine della sovranità nazionale
Tutto ciò implica la fine della sovranità nazionale per gli Stati membri dell’UE: la fine della sovranità politica, della sovranità economica, della sovranità culturale, e anche della sovranità religiosa. Il che ci porta direttamente alla Brexit. Le ragioni più profonde del NO stanno nello spirito nazionale dei britannici, per cui risentono di qualsiasi ingerenza sulle loro libertà e le loro tradizioni. Non a caso la popolare musica recita: “Rule Britannia, Britannia rule the waves. Britain never never will he slavel – Britannia domina i mari. Britannia mai e poi mai sarà schiava!”.
I britannici amano la loro Regina e la loro sterlina, amano il loro Parlamento tanto quanto la guida a sinistra. Ringraziano Dio per essere un’isola, e guardano con distacco l’altra sponda della Manica. Mentre studiavo in Gran Bretagna, più volte sentì la battuta: “Nebbia fitta nel canale della Manica. Continente isolato”.
Potessero altri Paesi europei essere così fieri delle proprie tradizioni, specialmente quando sono cattoliche, come nel caso dell’Italia!
Note
1) “In Russia non esiste democrazia”, Tradizione Famiglia Proprietà, dicembre 2003, pp. 22-25.
2) «Minha Vida Pública. Compilando de relatos autobiográficos di Plinio Correa de Oliveira», Artpress, San Paolo 215, pp. 393-395.