Dal blog Lo Scoglio 18 Marzo 2019
di Andrea Bartelloni
“La tecnica ha reso mortale una patologia che non lo è”. Così si conclude un recente intervento di Jean Marie La Mene, presidente della Fondazione Lejeune che ha sottolineato, parlando qualche giorno fa alla radio francese RCF, come oramai il 96% dei bambini intercettati come portatori della Trisomia 21 vengano abortiti.
Il 21 marzo di ogni anno si celebra la Giornata mondiale delle persone con sindrome di Down, ma per quanti anni ancora celebreremo questa giornata?
Se i ritmi di aborti selettivi rimarranno quelli attuali e tutto fa pensare che aumenteranno, ancora per pochi anni e stiamo preparando quindi un mondo senza Down con sempre più precise indagini che renderanno la caccia al portatore della Trisomia 21 semplice, sicura e precisa.
Ma sarà un mondo migliore quando smetteremo di celebrare la giornata del 21 marzo.
La diagnosi di sindrome di Down è sicuramente un dramma per qualsiasi mamma e papà e la scelta verso la quale si viene spinti è quella di interrompere la gravidanza, come viene fatto dalla maggior parte delle mamme.
Odia la malattia, ama il paziente. Questa è la pratica della medicina.
Questo è uno dei pensieri che hanno informato tutta la vita professionale di Jerome Lejeune (1926-1994), uno dei più grandi genetisti, sulla cui tomba san Giovanni Paolo II volle sostare in preghiera durante un suo viaggio apostolico in Francia (1997) a sottolineare la vicinanza verso questo grande scienziato cattolico. Vicinanza che, all’indomani della sua morte, lo aveva spinto ad inviare questo messaggio al cardinale arcivescovo di Parigi: “Se il Padre dei cieli l’ha richiamato da questa terra il giorno stesso della Resurrezione di Cristo, è difficile non vedere in questa coincidenza un segno“.
Il grande genetista francese, quando scoprì che la sindrome di Down era dovuta alla presenza di tre cromosomi 21 anziché due (da lì il nome di trisomia 21), aprì la strada a nuove cure che, grazie alle nuove conoscenze della genetica, alleviano e migliorano le condizioni di vita di questi ragazzi e delle loro famiglie.
Sarebbe falso negare quanto dolore possa esserci al momento della scoperta di avere un figlio affetto da questa sindrome e le storie delle famiglie con figli Down sono storie difficili e sarebbe ancora più falso negare l’ansia di ogni genitore nei confronti della salute del proprio figlio, ma da queste sofferenze nascono storie di grande amore e rispetto per l’essere umano preso cosi come egli è. Leggere dell’amore che un figlio così porta in una famiglia e sentire una madre che dice grazie fa capire come l’accettazione della realtà sia forse la cosa più difficile, ma è quella che soggiace alla scelta di molti genitori che rifiutano le tecniche di accertamento della salute del proprio figlio durante la gravidanza. Tanto cosa faremmo dopo, dicono, interromperemmo una vita?
Con le nuove tecniche di diagnosi prenatale attraverso esami ematici la diagnostica sarà meno invasiva, più semplice e porterà il tasso di aborti dal 96 al 100%. L’ideologia transumanista con l’eliminazione dei bambini con problemi cromosomici procederà verso l’uomo perfetto, selezionato anche grazie alle ricerche e ad aziende come la californiana Sequenom che sta mettendo a punto test ematici per intercettare le anomalie cromosomiche entro i primi due mesi di gravidanza.
Molti ostetrici stanno abbandonando la professione (Gènétique, 17 febbraio 2016) per non diventare dei meri portatori di morte e chiedono che sia fatta chiarezza su queste procedure affinché vi sia una corretta informazione anche attraverso l’intervento di ostetrici, pediatri, e familiari di bambini handicappati per indirizzare le madri verso i test in modo saggio e consapevole. E se sono vere queste parole di Lejeune: «La qualità di una civiltà si misura dal rispetto che essa ha per il più debole dei suoi membri. Non ci sono altri criteri di giudizio», il giudizio verso la nostra civiltà è scritto