Il Giornale.it Venerdì 23 Febbraio 2018
Nel 2015 gli abitanti catturati sfilavano in gabbia
Gian Micalessin
Prima di piangere per Ghouta bombardata dal «macellaio» Assad guardate queste fotografie. In quelle gabbie caricate sui pianali di camion e trattori sono rinchiusi centinaia di civili, tra cui molte donne con i loro bambini.
Molti erano stati catturati e rapiti durante le retate condotte dopo la conquista di questo quartiere sud orientale di Damasco caduto in mano ribelle già nel 2013. Nel novembre 2015 tutti quei disgraziati vennero ingabbiati e fatti sfilare per le strade di Ghouta tra due ali di folla festante. L’unica colpa di molti di loro era la fede alawita, ovvero l’appartenenza alla stessa minoranza religiosa di Bashar Assad e della sua famiglia.
Altri erano sunniti accusati di complicità con il regime per aver lavorato nei ranghi dell’amministrazione governativa. A chiuderli in gabbia con lo scopo dichiarato di usarli come «scudi umani» erano stati i militanti di Jaysh al- Islam, il gruppo ribelle che ancora oggi controlla vaste aree di questa zona.
La disumana evidente crudeltà di queste immagini basta a far capire come la formazione sia difficilmente inquadrabile fra quei gruppi «moderati» a cui molti media nazionali ed internazionali attribuiscono il controllo di Ghouta e dintorni. Ed infatti i circa 15mila militanti di Jaysh Al Islam, (l’Esercito dell’Islam) finanziati e armati dall’Arabia Saudita, hanno come primo obbiettivo la fondazione di uno stato islamico basato sulla sharia. Ma questo sembra interessare a ben pochi.
Le Nazioni Unite, le cancellerie occidentali, la grande stampa nazionale e internazionale e le organizzazioni umanitarie impegnate a condannare il regime di Bashar Assad accusandolo di massacrare i civili di Ghouta hanno deliberatamente dimenticato sia quelle foto, sia la folle ideologia religiosa perseguita da chi governa quei territori. Non è una novità.
Nell’autunno 2016 deplorarono con altrettanto sdegno le incursioni dell’aviazione russa e governativa sui quartieri di Aleppo Est. Salvo scoprire che i suoi disgraziati abitanti vivevano sotto il tallone di Al Nusra, la costola siriana di Al Qaida diventata signore indiscusso di quei quartieri. A Ghouta e dintorni le cose non vanno diversamente. Il diretto concorrente di Jaysh Al Islam in quest’area è «Hay’at Tahrir al-Sham», la coalizione che sotto il nome nuovo e rassicurante di «Organizzazione per la liberazione del Levante» nasconde i vecchi arnesi alqaedisti di Al Nusra.
Tra i galantuomini presenti a Ghouta non mancano gli sgherri di Harakat Nour al-Din al-Zenki. Nel 2016 – subito dopo esser stata inserita dalla Cia nella lista dei cosiddetti «moderati» meritevoli dell’aiuto americano – la formazione diffuse il video della barbara decapitazione di un ragazzino di soli 15 anni accusato di aver collaborato con il regime.
Ma l’Occidente preferisce chiudere gli occhi anche su altri particolari non proprio ininfluenti. «Per voi occidentali le uniche vittime sono i civili di Ghouta, ma dimenticate che da quei quartieri partono i missili e i colpi di mortaio diretti contro i quartieri cristiani di Damasco – ricorda nel corso di una telefonata a Il Giornale padre Amer Kassar, parroco della chiesa Madonna di Fatima di Damasco – Solo martedì qui a Bab Touma e al Shaghour, i due quartieri cristiani più importanti di Damasco, abbiamo contato 13 morti e una settantina di feriti. Nell’ultima settimana almeno tre chiese, tra cui il patriarcato greco latino, sono state colpite dalle bombe dei ribelli. Le nostre case distano da Ghouta solo un paio di chilometri in linea d’aria e i ribelli ne approfittano per colpirci senza pietà. Dieci giorni fa Rita una ragazza del mio oratorio è stata uccisa da un colpo di mortaio esploso davanti alla chiesa. Christine, l’amica che era con lei, ha perso una gamba. Ma a voi occidentali non interessa. Per voi quei ribelli sono tutti degli angeli».