La prima guerra, la fine degli Assurgo, l’uscita di scena della Chiesa. Un libro alza i veli su un capitolo chiave della storia moderna
di Antonio Socci
«La Santa Sede al centro di responsabilità planetarie autorevolmente incisiva nella vita internazionale». Lo «storico cattolico» Giorgio Rumi lo proclama con molta enfasi nell’introduzione a un libro su papa Benedetto XV (Benedetto XV e la pace -1918, pp. 256, Morcelliana, L.25.000).
Eppure, per la prima volta dopo molti secoli, con questa tragica guerra, che devasterà l’Europa e che poi riprenderà nel 1939 per finire solo in questi anni, la Chiesa veniva non solo emarginata, cancellata completamente, come peso reale, dalle tragiche vicende vissute dal mondo intero, ma perfino umiliata vergognosamente.
Rumi arriva addirittura a scrivere: «Il Papa, diplomaticamente sconfitto perché la sua nota ai capi delle nazioni belligeranti è rimasta senza esito, escluso dalle trattative di pace e dalla Società delle Nazioni, privo ancora di un indiscusso ubi consistam internazionale, sulla più lunga distanza vede crescere irresistibilmente la statura della Santa Sede tra i popoli e gli Stati. “L’ora forse più amara della nostra vita”, come ripeteva Giacomo Della Chiesa (Il Papa) in quello squarcio di 1917, schiude in effetti un’età nuova e un più elevato riferimento etico ricompare nella condotta degli affari mondiali».
Quale fu questo elevato riferimento? Al papa, in realtà, non fu lasciata che la magra potestà di lanciare impotenti appelli per la pace, ma anche questi sottoposti al vaglio degli interessi bellici ed applauditi o eventualmente censurati