“cercate ogni giorno il volto dei santi e traete conforto dai loro discorsi”
[Didaché IV, 2; CN ed., Roma 1978, pag. 32]
di Rino Cammilleri
Nato a Fermo nelle Marche, entrò diciassettenne negli oratoriani col nome religioso di Antonio. Si preparò per il sacerdozio ma, via via che si avvicinava la data fatidica, aumentavano in lui i dubbi. Però tenne duro e, detta la prima messa, gli scrupoli d’incanto svanirono.
Aveva quasi trent’anni nel 1621, quando, mentre era intento a pregare nella cappella del convento oratoriano di Loreto, avvenne un fatto determinante. Infuriava un temporale e un fulmine, infilatosi nella finestra, centrò proprio lui. Lo trovarono riverso e fumante. Rimase incosciente per qualche ora, ed era così bruciacchiato che gli somministrarono gli ultimi sacramenti. Ma si riprese abbastanza in fretta.
Tuttavia l’esperienza lo aveva indotto a riflettere: forse Dio voleva da lui qualcosa di speciale, dal momento che gli aveva dato ancora del tempo. Di più: la botta gli aveva fatto passare anche certi problemi di stomaco di cui soffriva. Insomma, un segno. Così, ogni anno effettuò un pellegrinaggio alla basilica di Loreto e divenne un confessore quasi a tempo pieno.
Nel 1653 fu eletto superiore della sua congregazione a Fermo e tale rimase, continuamente rieletto, fino all’ultimo. Diventò il consigliere preferito del cardinale Altieri, poi eletto papa col nome di Clemente X, e a chi gli parlava di cilici rispondeva che era meglio tenere la mente umile e fare sempre la volontà di Dio. Ma non erano tutte rose: nel 1649 cercò di calmare la folla in tumulto per la carestia e poco mancò che ci lasciasse la pelle. Eppure accorreva anche di notte dai malati e da chi aveva bisogno di lui. Morì nel 1671
Il Giornale 13 dicembre 2005