di Ilaria Nava
A pochi mesi dalla sentenza sulla legge austriaca sull’eterologa, la Corte europea dei diritti dell’uomo – come noto – è tornata a pronunciarsi su temi bioetica, questa volta su un caso italiano. La sentenza Costa-Pavan è stata emessa il 28 agosto e riguarda una coppia che, pur non essendo sterile, vorrebbe ricorrere alla fecondazione artificiale. L’obiettivo è poter sottopone gli embrioni creati in vitro alla diagnosi preimpianto, evitando dì far sviluppare quelli malati e quindi dì avere un figlio col grave difetto genetico di cui sono portatori sani.
Una richiesta che secondo i giudici di Strasburgo sarebbe legittima. La sentenza motiva la decisione menzionando la legge italiana sull’aborto che secondo la Corte consentirebbe di interrompere la gravidanza in caso di malattia del feto. Abbiamo approfondito con Mauro Ronco, ordinario di Diritto penale all’Università di Padova, il ragionamento della Corte.
La Corte dì Strasburgo ha messo in relazione la diagnosi preimpianto con l’aborto. Si può ammettere la prima per evitare il secondo?
Ogni norma ingiusta è un seme che produce ulteriori norme ingiuste. In una pseudo-logica che trascura completamente il bene de! concepito l’argomento della Corte potrebbe apparire non incoerente, in realtà mescola irragionevolmente realtà diverse in una corsa assurda che disprezza la vita di chi è indifeso. Infatti, l’aborto è ammesso in relazione alla sofferenza psichica della madre mente la diagnosi preimpianto è una scelta preventiva volta eventualmente a eliminare colui che potrebbe essere geneticamente non gradito.
La Corte dì Strasburgo ha operato un’indebita interpretazione della nostra legge 194?
A mio avviso l’interpretazione è indebita e costituisce una erronea applicazione per analogia di norme che si riferiscono a situazioni diverse e tra loro non assimilabili perché la ratio delle due previsioni è differente
Qual è la ratio del divieto di diagnosi preimpianto contenuto nella legge 40?
Vi sono più ragioni a fondamento del divieto della diagnosi, preimpianto. Una è la tutela del concepito; altra ragione fondamentale sta nel porre ostacoli alla deriva eugenetica, cioè a quella tecnica che pretende di costruire ad libitum le caratteristiche fisiche e psichiche della persona umana secondo standard di benessere prevalentemente materialistico.
Esiste nel nostro ordinamento un diritto al figlio sano? Cosa dice la giurisprudenza in proposito?
Vi sono sentenze molto equivoche che sembrano accreditare l’esistenza di un tale “diritto”. Se questo tipo di pronunce dovesse avere un seguito sarebbe negata la stessa nozione di diritto come facoltà morale riconosciuta dalla legge in vista del conseguimento di un bene. II diritto infatti, non è il desiderio soggettivo ma il bene oggettivo tutelato dalla legge e valido per tutti i componenti della società.