Sottomettersi al marito e fare figli, secondo il precetto di san Paolo. Le istruzioni di Costanza Miriano, piene di spirito e buonsenso, sfidano le sciarpe bianche (le femministe)
di Camillo Langone
E’ bellissima e bravissima ed è una moglie sottomessa e ha scritto un libro per convincere altre mogli a sottomettersi, per la gioia di mogli e mariti e figli e l’armonia del mondo intero. “Sposati e sii sottomessa” (ed. Vallecchi) non è un volgare pamphlet provocatorio ma un quaderno di istruzioni serio nel contenuto quanto spiritoso nella forma, opera di una donna che io chiamo Miss Umbria da quanto è splendida e da quanto è nata a Perugia, madre di quattro figli quattro e incredibilmente giornalista del Tg3, la mosca bianca, l’unica papista dell’intera redazione di Bianca Berlinguer. Costanza, che nome meraviglioso, è il cacio sui maccheroni in questi tempi di guerra dei sessi, ripicche e sciarpe bianche.
E’ un dono che Dio ci manda per ricondurci sulla retta via e sebbene pensi che gli italiani non siano capaci nemmeno di scartarlo, un regalo del genere, la intervisto perché dovere e ammirazione me lo impongono.
“Distribuire consigli, attività massimamente gratificante”, scrivi. Mi sembra di capire che il libro sia scaturito dalla tua attività di consigliera sentimentale, o sbaglio?
Dare consigli piace a tutte le donne (per verificarlo basta entrare con un pancione, o un neonato, in una stanza popolata da femmine: tutte sentiranno il dovere di regalare una perla di saggezza all’incauta). Le donne, per abitudine, per pigrizia (è più facile tenere un ruolo fisso) fanno le educatrici a tempo pieno. Una vocazione che può essere devastante se esercitata su esseri umani che hanno superato l’adolescenza.
Mio marito, le rare volte in cui non esce dalla stanza mentre gli parlo, sostiene conversazioni con me, ormai ha imparato, utilizzando una zona molto superficiale del cervello. Ogni tanto dice “Ah” oppure “Sì, mia cara, hai ragione“. A volte ci prende anche, lo dice persino a proposito. Detto questo, qualche volta può anche capitare di prenderci, a dare i consigli. E’ un fatto statistico. E questo libro è nato dalle lettere accorate che scrivevo davvero a una mia carissima amica, per convincerla a sposarsi. Alla fine ce l’ho fatta, conquistando l’ambito trofeo di testimone della sposa.
“La mia risposta a qualsiasi problema è una a scelta tra le seguenti: ha ragione lui; sposalo; fate un figlio; obbediscigli; fate un altro figlio; trasferisciti nella sua città; perdonalo; cerca di capirlo; e infine fate un figlio”. Non vorrei fare una domanda per non spezzare l’incanto di queste frasi sublimi ma devo: a parte l’amica che si è sposata, le altre ti danno retta?
Ovviamente no. Devo avere pochissimo carisma, non convinco quasi mai nessuno. Eppure credo che le donne avrebbero tutto da guadagnare nel recuperare il loro ruolo, la loro vocazione all’accoglienza (quello che Wojtyla chiamava il genio femminile). Noi donne siamo fatte per questo, per accogliere la vita innanzitutto; lo dice la nostra conformazione fisica, siamo fatte per fare spazio tra le viscere, e quella mentale: solo noi possiamo fare sei o sette cose insieme.
Chi di noi non si è mai mossa a pietà per quel poveraccio che si ritrova accanto, il quale, lucidissimo nell’analizzare la strategia politica statunitense in medio oriente, si intreccia se deve prepararsi un tè e insieme rispondere a una domanda elaborata e complessa come “Che ore sono?”. “Non vedi che sto facendo una cosa?” risponderà sinceramente indignato per l’indelicatezza della consorte, la quale nel frattempo allatta, parla al telefono, assaggia il minestrone e ascolta l’elenco delle province della Lombardia. Non è che gli uomini siano meno bravi, è che sanno fare cose diverse.
Ma insomma, perché sposarsi nel 2011? Sembra che tutti la considerino una pratica desueta.
Mi chiederei piuttosto come sia pensabile non sposarsi, se si vuole costruire qualcosa che superi la nostra incostanza, la nostra emotività. Io chiaramente penso al matrimonio cristiano, dove gli sposi sono tre, lui, lei e Dio. Solo così è pensabile provare a reggere per tutta la vita, perché uno ha un aiuto super, la grazia (noi peccatori senza quella siamo fritti, magari i buoni possono anche sposarsi in municipio). L’idea comune dell’amore è tutto uno scintillio di batticuore, un svolazzo di emozioni rosa, un fru fru di occhiate e messaggini. Ma l’amore ha poco a che fare con questo e molto di più con una scelta volontaria e una decisione intelligente. E definitiva.
E perché fare figli? Per una donna sono davvero la medicina di tutti i mali?
Sul tema tenderei ad avere un’idea ancora più obsoleta delle precedenti. Uno i figli non è che li programma più di tanto. E’ vero, la maternità e la paternità devono essere responsabili, è intelligente e prudente fare i conti con le proprie forze, ma la coppia deve anche essere aperta alla vita. Non è che tutto si può programmare, tanto quella del controllo è un’illusione. Non controlliamo niente, veramente. E quindi i figli non sono un diritto, e non sono neanche una medicina per la donna, per carità, che egoismo. I figli sono un dono. Quando arrivano, la famiglia si attrezza e fa fronte alla nuova realtà. Magari se ne arriva qualcuno in più si rinuncia a qualcosa di materiale, e si impara anche a tenere un po’ l’ordine, in base al sano principio educativo “Noi siamo più grossi di voi e questa è casa nostra”
A me, che pure sono a favore del quoziente familiare, i bambini fanno senso come fanno senso gli animali, a cui somigliano moltissimo. Io sono un caso patologico mentre gli altri uomini non vedono l’ora di ricevere simili regali?
Certo, nei primi mesi, quando il bambino è tutto poppate e pannolini, e allarga qualche sorriso bavoso per lo più a caso, credo che attaccarsi a lui sia più immediato per le mamme. Non per niente si parla di istinto materno, che ha anche una base ormonale, checché ne dicano alcune femministe. E’ quella forza potentissima che ti permette di saltare ore di sonno e pasti e ancora trovare la forza di sorridere ad altri due o tre figli che ti vogliono raccontare un episodio di “Star Wars” o coinvolgere nella scelta del dress code per la Barbie. Quella forza animale che ti permette di stare sveglia tutta la notte dopo una zuccata più forte delle altre, perché la pediatra ti dice di svegliarlo ogni tanto per vedere se reagisce, e tu venderesti la casa in cambio di tre ore di sonno, ma non appoggerai la testa neanche morta. Ecco, questo tipo di amore viscerale secondo me è più materno.
Bene, quindi non sono un malato, sono semplicemente un uomo.
I padri amano diversamente, ed è meraviglioso che sia così. I padri sono la guida, mantengono la lucidità, sono autorevoli. Non si angosciano se non è necessario. Montano i giochi e spiegano la storia dell’antica Roma. Danno sicurezza al figlio, con la loro forza e l’essere punti fermi. Mettono le regole. Un giorno, quando sarà il momento di stare in panchina e lasciare andare i ragazzi nel mondo, sarà il padre a dare il coraggio di partire per l’avventura. Io i miei figli li vorrei tutti sotto la mia gonna, e sono certa che sarò una suocera insopportabile. I figli hanno bisogno di entrambi i tipi di amore, per la loro crescita equilibrata. L’amore di un uomo e l’amore di una donna. Diversi e insostituibili e mai in nessun modo intercambiabili.
Ti rileggo il passaggio cruciale: “Dovrai imparare a essere sottomessa, come dice san Paolo. Cioè messa sotto, perché tu sarai la base della vostra famiglia. Tu sarai le fondamenta. Tu sosterrai tutti, tuo marito e i figli, adattandoti, accettando, abbozzando, indirizzando dolcemente. E’ chi sta sotto che regge il mondo, non chi si mette sopra gli altri”. Non temi che qualche sciarpa bianca (le femministe) ti aspetti sotto casa per strangolarti?
Al contrario! Non credo che ci sia un complimento migliore da fare a una donna. Cosa c’è di più difficile da fare che sostenere, aiutare, sorreggere? Quando tu hai bisogno di aiuto lo chiedi a chi è più debole o a chi è più forte di te? Io a chi è più forte. E infatti il racconto della creazione mi mette ogni volta un gran senso di orgoglio. La donna è un aiuto, simile all’uomo, dice la Genesi. Non una schiava, ma un aiuto. Chi aiuta è più robusto, più grande. E se una si offende è perché è accecata dall’ideologia.
Il tuo titolo è ricavato dalla Bibbia. Chi come noi considera Antico e Nuovo Testamento non vecchi libri bensì la viva voce di Dio che ci parla oggi, viene detto esaltato, e combattuto oppure compatito. Io ne soffro, e tu?
Dico la verità, non mi interessa proprio niente dell’incomprensione. Anzi, non ci avevo mai pensato. Per fortuna noi cristiani europei non veniamo davvero perseguitati come in gran parte del mondo islamico, e in Asia. Lì sì che si soffre. A me invece dispiace per i non cristiani: non ho mai conosciuto una persona profondamente felice che non fosse cristiana. La vera sfida per noi cattolici è spiegare che, come dice Chesterton, “non c’è niente di più eccitante dell’ortodossia”. Superare la contrapposizione peccato/divertimento versus virtù/noia. La vulgata del mondo vuole invece che i limiti morali che la fede impone tarpino le ali, impediscano di vivere felici e autodeterminati. Io mi vedo intorno un sacco di persone che vivono completamente autodeterminate e completamente, o almeno moderatamente, infelici. Il peccato etimologicamente viene da una radice che significa “sbagliare mira”. E’ un colpo sbagliato, è fare cilecca.
Questa etimologia mi mancava.
Aiuta a capire che non si tratta di limiti morali, ma riguarda ciò che davvero fa il nostro vero bene. Con la testa capiamo che quello che la fede ci invita a fare in qualche modo ci conviene, ci custodisce davvero felici. Non c’è nessuna fregatura dietro. Noi cattolici sappiamo di avere bisogno di Dio perché ammettiamo che l’uomo è una creatura misteriosa, un impasto inscindibile di peccato e carne e sublime. Ogni volta che tendo a sentirmi molto buona mi ricordo di quello che dice il mio padre spirituale: le persone si dividono tra quelle cattive e quelle che riescono a nascondersi bene. Per questo, perché sa che siamo così, la chiesa non permette niente ma perdona tutto, mentre il mondo permette tutto ma non ti perdona niente (neanche questa è mia).
Davvero fra lavoro fuori casa e lavoro a casa puoi dormire quattro ore per notte? A me non ne bastano otto. Le donne hanno un fisico superiore o di superiore hanno la forza di volontà?
Usciamo per favore dalla logica del superiore e dell’inferiore. A parte che io non faccio testo, sono una maratoneta, ma non mi stanco mai di dire che siamo solo diversi. E’ vero, forse noi abbiamo una maggiore resistenza al dolore, anche perché abbiamo il compito di partorire (non è il massimo far passare un pollo arrosto da una narice, come si dice) ma in tante altre cose siamo incapaci. Io sono in grado di perdermi pressoché ovunque, e se devo programmare un decoder mi butto dalla finestra. Mio marito se deve andare a parlare con la maestra sviluppa un improvviso e sincero attacco di mal di testa. Lui si entusiasma come un ragazzino di fronte a un documentario sullo sfondamento della Slesia nel ’39, io che pure a scuola ci sarei anche andata, non riesco ancora a ricordarmi chi ha vinto la Seconda guerra mondiale, anzi non me lo dire che mi rovini la sorpresa, prima o poi la studierò con qualche figlio.
Sbaglio o ti sei definita maratoneta? Spiega a un accidioso qual sono come sia possibile avere quattro figli e un lavoro all’altro capo della città e andare a messa tutti i giorni e correre.
La messa e un’esigenza esistenziale, basta avere una mappa delle chiese della città, gli orari e una disciplina da generale Patton. Se una cosa ti piace il modo di farla lo trovi. La passione per la maratona (correre per 42 chilometri e 195 metri senza alcun motivo apparente) non si può spiegare con le parole.
Proviamoci lo stesso.
Credo che sia al limite della patologia. Un limite superato ampiamente quando andavo a correre in piena notte perché lavoravo al Tg dell’alba, o con i piedi fasciati, insanguinati dai troppi “lunghi” (in gergo, le corse più lunghe di due ore), o anche con i pancioni fino all’ultimo giorno di gravidanza (non seguite il mio esempio, adesso che sono una saggia signora di quarant’anni non lo rifarei mai). Di certo nei giorni in cui corro ho molte più energie per tutto il resto. In più credo che per una sposa curare anche un po’ l’aspetto fisico sia un dovere.
Certo da quando ho quattro figli non faccio più gare ne gli allenamenti di un tempo. Però ogni giorno provo a incastrare qualche chilometro. Ma la cosa che faccio più spesso, poichè il senso di colpa e la cifra esistenziale della madre lavoratrice e non mi sognerei mai di lasciare i bambini con la tata per il mio piacere, e correre a tarda sera in casa sul tapis roulant. Ah, dimenticavo, ho un dignitoso personale di 3 ore e 15, che conterei di migliorare quando i figli saranno cresciuti. Taglia tutto quello che vuoi, di questa intervista, ma non il mio tempo!
Non mi permetterei mai. Passando ad altro, come valuti il fatto che un uomo (ad esempio Berlusconi) venga giudicato da un collegio di sole donne? Secondo me sono episodi che fanno crollare numero e motilità degli spermatozoi a intere generazioni di maschi.
Come giornalista del servizio pubblico io non dovrei prendere pubblicamente posizione politica, anche se molti non rispettano la consegna. E poi non vorrei scendere nell’agone politico, voglio parlare a tutte.
Capisco il problema e riformulo la domanda. A pagina 39 leggo le seguenti melodiose parole: “Quando lo devi criticare fallo con rispetto, e senza umiliarlo, se proprio sei sicura che la critica sia indispensabile. Se puoi aspettare domattina è meglio”. E’ un consiglio che ritieni valido solo nell’ambito privato o anche in quello pubblico?
Purtroppo nel dibattito pubblico non è questo lo stile prevalente, eppure porterebbe un gran bene. Ti immagini se una, nel mezzo di un talk show urlato, dicesse, come dovrebbe dire a suo marito: “Guarda, non lo so, forse hai ragione tu. Al momento non mi sembra. Però, poichè ti stimo sinceramente, provo a rifletterci”? Che succederebbe? Qualcuno sverrebbe per lo sgomento, forse. Gli ascolti crollerebbero, forse. Ma il tasso di civiltà si alzerebbe nettamente.
Di “Sposati e sii sottomessa” condivido ogni virgola. Rimango perplesso solo di fronte all’incrollabile ottimismo, l’idea che cattolicesimo e buonumore siano quasi sinonimi.
Forse le mamme non sanno che Satana e il principe di questo mondo? Che Satana sia il principe lo vediamo tutti. Non si può negare, e anzi la Madonna a Medjugorje ha detto che in questi anni è slegato dalle catene, come aveva previsto per esempio Anna Caterina Emmerick. Ma “ianua inferi non praevalebunt”! Non ti fidi di Gesù che l’ha detto a Pietro? Io, sì, mi fido, senno non avrei fatto quattro figli. Se l’obiettivo e la vita eterna si può stare serenamente abbandonati. Se l’Onnipotente decide di farsi uomo e di morire per noi, per amore nostro, di che ti preoccupi? A me questa notizia mette un irresistibile buonumore. E’ come vedere una commedia americana con Cary Grant. Anche quando le cose sembrano mettersi male lo sai, ne sei certa, che in qualche modo finiranno bene.