Italia Oggi 21 Marzo 2025
Slalom fra le parole per evitare i trabocchetti
Parafrasando una frase attribuita a Winston Churchill, «gli italiani trattano le partite di calcio come fossero guerre e le guerre come partite di calcio», si capisce la postura dei principali partiti italiani verso Mosca. L’aforisma è azzeccato. Usano la parola pace per non dire: «Lasciateci in pace». Persino un detto romano (cioè nostro), Si vis pacem para bellum, se vuoi la pace preparati alla guerra (nel senso di dissuadere chi vorrebbe fartela), ripreso da Ursula von der Leyen viene letto come “bellicista”. Allora, è il caso di restituire ai termini il loro significato. C’è chi crepa sotto le bombe e non merita ipocrisie. «Le parole sono importanti», diceva Nanni Moretti in Palombella rossa (1989); Papa Francesco chiede di disarmarle. Tocca rimettere i puntini sulle “i”.
Bellicista. «Persona o entità che promuove l’uso della guerra come mezzo per risolvere le controversie internazionali», recita la Treccani. Chi agisce così, è fuori dalla Costituzione. Eppure, spesso si sente bollare come “bellicista” chi sta con Kiev. Idem, chi vuole la difesa europea. Ma quindi, anche l’Onu, la Nato e la Ue propugnano la guerra? Se la risposta fosse sì, l’Italia non potrebbe aderirvi perché incostituzionale (art.11). La realtà, invece, è che i tre sodalizi sono il prodotto dei conflitti mondiali, nel senso che il loro target è di evitarli. Col negoziato, i compromessi, la deterrenza. In altri termini, Onu, Nato e Ue sono intrinsecamente “pacifiste”, perché servono a garantire la pace.
Invasione. La guerra in Ucraina è frutto della rottura dell’ordine mondiale da parte di Putin. Dopo l’annessione della Crimea, le sue truppe sono tornate in Ucraina per riportarla sotto il tacco di Mosca. Se così non fosse, i tank russi non avrebbero puntato Kiev con la Z sulla carena. Le democrazie, però, poggiano sulla libertà dei popoli di autodeterminarsi. Morale: chi difende le ragioni del Cremlino non usa le lenti della libertà. Né quelle della democrazia.
Pace. Un’ovvietà: si fa col nemico. Ma i cannoni tuonano quando la diplomazia non ha voce. E a silenziarla non è mai l’aggredito, piuttosto il bellicista quello vero. Dallo scoppio del conflitto, abbiamo visto molti governanti in processione a Mosca. Non hanno cavato un ragno dal buco. Putin dice pace, pensa sottomissione.
ReArm. Qui occorre intendersi. In Italia “riarmarsi” sa di “bellicista” perché si fa, ma non si dice. In Germania, dove un’armata vera non c’è, riarmarsi vuol dire “armarsi”. Se poi ReArm lo dici a Helsinki, Danzica, Praga, paesi baltici o persino a Budapest, significa: “Occhio! Arrivano i cingolati russi”.
Yalta. Il trattato che spartì il mondo in due. Trump e Putin vogliono restaurarlo con una logica imperiale che esclude l’Ue. Perché l’Ue è il frutto della fine degli imperi. Ed è qui che cade la nostra scelta: vogliamo essere uniti, liberi e forti? O essere lasciati in pace?